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Archive for the ‘Marketing’ Category

Il presente test mira ad indagare il livello di abilità trasversali maturate dal soggetto, in termini di problem solving, organizzazione, leadership e comunicazione. Esso si compone di 40 item ai quali il soggetto deve rispondere utilizzando la scala nella griglia di risposta. La scelta deve essere effettuata dal soggetto facendo riferimento al comportamento più frequente che si ritrova a privilegiare e non rispetto ad una considerazione del comportamento che idealmente vorrebbe e/o si dovrebbe impiegare. È necessario rispondere a tutte le domande.

1. Il mio motto nella risoluzione dei problemi è: io penso gli altri fanno
2. Sono bravo ad ottimizzare i tempi nell’organizzazione di un’attività
3. Per un obiettivo comune mi vedo alla guida di un gruppo
4. Dico sempre quello che penso
5. La cautela è uno dei fattori principali nella risoluzione dei problemi
6. La puntualità non è il mio forte
7. Prendo l’iniziativa per dare il buon esempio
8. Intuisco un argomento di conversazione prima che la stessa abbia inizio
9. La complessità non è un deterrente per me nella risoluzione dei problemi
10. I miei programmi sono spesso sconvolti da imprevisti
11. Nel gruppo di solito gli altri mi vedono come il leader
12. Quando parlo ho l’impressione di non essere chiaro
13. Davanti ad un problema, quando sembra che non ci siano alternative, ne riesco a trovare una
14. Svolgo spesso le mie attività in “zona cesarini”
15. Reputo che il prendersi le proprie responsabilità non sia un comportamento diffuso
16. Anche nelle situazione più delicate so cosa dire
17. Individuare gli aspetti critici è fondamentale per risolvere un problema
18. Sono capace di individuare le priorità per organizzare le mie attività
19. Evito le persone poco collaborative
20. Spesso vengo frainteso
21. Trovo difficile scegliere la soluzione quando ne esiste più di una
22. Non mi capita mai arrivare impreparato ad una scadenza
23. Sono bravo a cogliere i talenti e i pregi altrui
24. In una conversazione interrompo spesso gli altri
25. Nel risolvere i problemi trovo difficile individuare le priorità
26. Spesso sono bravo ad improvvisare
27. In attività delicate preferisco lavorare individualmente che in gruppo
28. Sono bravo ad individuare il momento giusto per affrontare un argomento
29. Il mio motto è “non lasciare la strada vecchia per la nuova”
30. Quando programmo riesco a tenere conto anche di eventuali rischi e imprevisti
31. Nelle situazioni difficili preferisco delegare la decisione al gruppo
32. Quando discuto le mie idee con veemenza continuo a sostenere il mio parere con chiarezza
33. Sono bravo a scomporre i problemi come fossero un puzzle
34. L’ordine e la precisione mi caratterizzano
35. Mi lascio influenzare facilmente
36. Sono un attento ascoltatore
37. Mi piace avere più opzioni quando prendo una decisione
38. Le scadenze mi fanno lavorare spesso sotto pressione
39. Sono attento a far sentire gli altri indispensabili
40. Sono bravo a convincere gli altri

COME SI CALCOLA IL PUNTEGGIO
(LEGGERE SOLO DOPO AVER FORNITO TUTTE LE RISPOSTE)
Nella seconda colonnina, accanto al numero della domanda,
c’è un codice composto da una lettera (P-O-L-C) e un numero (1-5),
se il numero è 5, il punteggio va assegnato in maniera decrescente,
quindi, 5-4-3-2-1; se invece il numero è 1, in maniera crescente
(1 per “pienamente d’accordo, 2 per “d’accordo in buona misura”, ecc…).
Alla fine, sommate tutti i punteggi ottenuti per ogni singola lettera
e riportateli nella tabella finale.

COME SI LEGGONO I RISULTATI
Se sono tutti nella stessa colonna, nello stesso range di punti,
vuol dire che nessuna delle vostre skill professionali
spicca in particolar modo, ed è la tipica situazione
in cui ci si trova una volta usciti dalla scuola/Università.
Stesso discorso vale se invece a spiccare sono P e O.
In tutti gli altri casi, la situazione è positiva.

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https://i0.wp.com/i.huffpost.com/gen/1037456/images/o-SINDROME-DA-DEFAULT-CRISI-ECONOMICA-SUICIDI-facebook.jpg

La cosa peggiore che un’azienda
possa fare, e che sistematicamente fa,
durante un periodo di difficoltà economica,
è alzare il prezzo dei propri prodotti.

Puro autolesionismo.

Rivalersi sui clienti
è la strada più facile,
ma anche quella che
accelera il fallimento.

Il cliente bada ai propri interessi,
non ha motivo di pagare di più un prodotto
che potrebbe trovare
a un prezzo inferiore altrove,
a meno che non sia un prodotto esclusivo,
ma di solito, chi offre questa tipologia di prodotti,
ha il monopolio sullo stesso,
e quindi difficilmente
potrà trovarsi in difficoltà.

Oltretutto il cliente ha men che meno voglia
di pagare di più un prodotto
che ha sempre pagato di meno.

Lo pseudo imprenditore
non pensa a cambiare
una errata strategia societaria
per arginare la fuga dei clienti,
egli ha solo interesse a recuperare
le entrate mancanti cercandole
dai clienti rimasti,
che con tutto ciò non c’entrano nulla,
causando inevitabilmente
la dipartita anche di questi ultimi.

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Le grandi aziende hanno trovato
una nuova formula per spiegare
ai clienti il rincaro dei propri servizi
senza rischiare di essere sbranati.

Consiste nell’inserire una semplicissima
premessa al suppostone, questa:

“in un’ottica di rinnovamento/potenziamento dei nostri servizi”.

Se scrivi sta roba qui,
la stangata che ti arriva dopo
la incassi meglio.

Lascia stare che poi di effettivo
rinnovamento/potenziamento
in quel servizio non ci sarà nulla,
l’importante è fornirti una giustificazione
motivata del rincaro.

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https://i0.wp.com/img.youtube.com/vi/Q-homGivBTY/0.jpg

Non so se avete mai sentito parlare
di “Obsolescenza programmata”.

Cioè quello studio che sostiene
che gli elettrodomestici hanno
tipo un timer al loro interno
che gli permette di rompersi
una volta scaduto il periodo di garanzia.
Giochino che nasce con l’intento
di tenere sempre legato
il consumatore al produttore.

Fino a quando la tua tv/lavatrice
si rompe una, due volte ci sta pure
che l’aggiusti portando altro denaro
nelle casse della casa di produzione,
ma diventa una lama a doppio taglio
nel momento in cui quel prodotto
va cambiato perché superato o inservibile,
e tu, sulla base della precedente brutta esperienza,
come minimo, ne comprerai uno nuovo
di un altro marchio, comportando
non solo un mancato guadagno immediato dei produttori
ma anche la preclusione di possibili guadagni futuri,
perché da cliente scontento
farai cattiva pubblicità al marchio.

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https://i0.wp.com/www.curriculumvitae24.it/wp-content/uploads/2013/10/raccomandazione-lavoro.png

Non ho mai visto di buon occhio
le “raccomandazioni” in generale,
ma in particolar modo quello per ottenere
lo sconto in un negozio.

Da poco ho iniziato, invece,
a pensarla in modo diverso
e a non vederci nulla di male.

Se il commerciante volesse attirare
nuovi clienti dovrebbe farsi
della pubblicità,
e per farsela dovrebbe pagare
una concessionaria per degli spazi.

Il nuovo cliente portato
da un suo amico è comunque un investimento pubblicitario,
ma a basso costo (invece di dare tanti soldi
alla concessionaria, il venditore ne sottrae
una minima parte dal prezzo del prodotto)
e di sicura efficacia
(la pubblicità il cliente lo porta per davvero,
raggiunge solo quelli realmente interessati all’acquisto).

Con il “passaparola” (o la “raccomandazione”)
non fai il furbetto per risparmiare,
ti avvali di una forma pubblicitaria
che porta benefici sia a te che al commerciante.

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https://i0.wp.com/cederey.com/portal/images/strategy_marketing-_sales1.jpg

Il Marketing è presentissimo
nella nostra quotidianeità,
non è una materia cervellotica
il cui studio è riservato a un
ristretto gruppo di privilegiati,
non bisogna essere un laureato
alla Bocconi per identificarlo
e praticarlo.

Il Marketing è ovunque,
è intorno a noi:

è nella zingara col figlio
in braccio per intenerirti
e indurti a farle la carità;

è nel venditore di palloncini
che si posiziona all’ingresso
di un parco;

è in noi stessi quando
ci vestiamo a tiro
per incontrare la persona che ci piace.

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https://i0.wp.com/consumatore.tgcom24.it/wpmu/files/2012/02/venditore_portaaporta.jpg

Quando ero molto giovane
la mia prima esperienza
lavorativa fu un porta a porta:
rimasi traumatizzato.

A parte i caratteri distintivi
di ogni porta a porta
(spietatezza con il cliente,
orari disumani, paga misera,
musica a palla di prima mattina, ecc…)
ciò che più mi lasciò scioccato
fu l’arruolamento massiccio di persone
senza alcun criterio selettivo.
Loro “assumono” chiunque.

Non potrò mai dimenticare
che una volta mi trovai
a lavorare con una ragazzina
all’8° mese di gravidanza,
e lì capii che stavamo raschiando il fondo,
che ci consideravano al pari delle bestie,
per loro eravamo tutti soltanto
degli account che gli portavano
contratti a costo zero.

Col tempo ho compreso il perché
della totale assenza
di selezione ed apertura a tutti.
Questo è un lavoro fondato sulla fiducia,
sulla fiducia che il possibile
cliente instaura con te,
egli deve capire che non vuoi fregarlo.

E dove non arriva il più
abile dei venditori a instaurare
questo rapporto in pochi minuti chi può
arrivarci se non un parente
stesso del cliente/vittima?

Se quando ti assumono tu riesci
a far firmare contratti
a tutti i tuoi familiari,
e poi basta, l’azienda ha già
raggiunto il suo obiettivo,
ha scardinato la diffidenza/resistenza
di una persona e stipulato
un contratto insperato.

Una volta passata a rassegna
tutta la tua famiglia,
loro ti lasciano andare via a cuor leggero,
così come quando ti hanno assunto,
tanto non servi più,
la tua missione l’hai portata a termine.

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https://i0.wp.com/www.toyssale.it/wp-content/uploads/2011/10/tartarughe-ninja.jpg

I cartoni animati di oggi,
la principale fonte di educazione dei bambini,
mi lasciano sconcertato,
sono sempre più convinto
che sarebbe interessante
farci sopra una ricerca sociologica
per capire come si sono evoluti nel tempo:
non ne viene risparmiato nessuno
da questa ondata di aggressività.

Prendete le tartarughe ninja,
io quando ho visto la “rivisitazione in chiave moderna”
sono rimasto senza parole.

Appurate voi stessi la netta
differenza sia visiva che comunicativa.

Nella prima foto, le mie tartarughe ninja,
erano sorridenti, tondeggianti,
davano l’aria di essere quattro
adorabili cialtroni.

Nella seconda foto, le tartarughe di oggi,
ci troviamo di fronte a dei personaggi
completamente stravolti e diversi,
lineamenti spigolosi, mancanza di pupille
a incutere timore e un fare bellicoso.

Stiamo crescendo i nostri
figli nella violenza,
e ce ne accorgeremo solo tra 20 anni,
quando la restituiranno
al mondo con gli interessi.

https://i0.wp.com/www.spaziofilm.it/images/cinema/news/2012/2/55478/liebesman_per_le_tartarughe_ninja.jpg

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H&M

https://i0.wp.com/www.aprireinfranchising.it/useruploads/images/h&m-negozio-franchising.jpg

La differenza tra italiani e americani
è nella mentalità:

Noi gli abiti kitsch li gettiamo
arruffati su delle bancarelle
e li vendiamo al mercato.

Loro li dispongono su manichini,
li vendono nei negozi
e creano la multinazionale H&M.

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https://i0.wp.com/static.pourfemme.it/pfgossip/fotogallery/hd/34173/nicole-minetti-a-milano.jpg

Nicole Minetti mi piace.

Tralasciando l’aspetto fisico,
che ha la sua rilevanza…
Mi piace perchè ha capito
perfettamente come funzionano
le cose in Italia.

Su questo potrebbe andare
a braccetto con Belen,
entrambe hanno sposato
la tesi del “bene o male,
purchè se ne parli”
e la stanno portando avanti
con fruttuosi risultati.

Del resto questo modus vivendi
non può che trovare terreno fertile
nel paese del gossip, del pettegolezzo,
dove la mignottocrazia
ha da sempre la meglio
sulla meritocrazia.

La Minetti, checchè se ne dica,
è molto intelligente.
I media cosa le chiedono?
Frivolezze e provocazioni?
E lei dà frivolezze e provocazioni.

Tutto ciò che fa è finalizzato
ad alimentare il suo personaggio
di “donna dello scandalo”.
In questa direzione
vanno le dichiarazioni
“un uomo al giorno toglie il medico di torno”,
la maglietta con su scritto
“senza t-shirt sono meglio”,
la liason con Corona
e persino l’ospitata
alla domenica pomeriggio di Canale 5,
dove era vestita in maniera
tale da ricordare Sharon Stone
in Basic Istinct.

La sfilata per Parah
è stata la punta dell’iceberg
di queste costanti provocazioni.
Avete notato la sua faccia
mentre sfilava? Era divertita,
compiaciuta, sogghignava
all’idea del polverone
che avrebbe sollevato.

E se a qualcuno
stesse sulle palle,
no problem,
in suo soccorso arriva
l’imitazione a “Quelli che”,
estremamente efficace
come operazione simpatia.

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Regalare qualcosa a chi ne ha bisogno,
in anonimato, è beneficenza.

Regalare qualcosa a chi ne ha bisogno,
davanti a tutti, è pubblicità.

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L’Ikea potrà avere
tante qualità come,
ad esempio,
i prezzi vantaggiosi;
tra queste, però,
di certo non spicca
il design dei mobili,
che nella maggior parte
dei casi risulta
squadrato, spartano,
e a dir poco sgraziato.

Di recente mi è giunto
a casa il nuovo catalogo
e ho notato, spero sia
stato introdotto da quest’anno
perchè altrimenti
nei precedenti non
c’ho fatto caso,
che sotto a determinati
mobili o complementi d’arredo
hanno inserito anche
il bel faccione del loro designer.

Cioè, rendiamoci conto,
sotto a un pezzo di legno
che si vuol far passare
come mobile innovativo,
squadrato, e con sopra una mano di vernice
c’è il faccione sorridente
di chi l’ha creato quasi
a volerlo consacrare alla massa:
per quella robaccia lì???

Allora ho capito che
gli svedesi con i mobili
sono come gli americani con la musica:
abili a confezionarci
e a venderci come cioccolata
la loro merda in una maniera
che non ha eguali al mondo.

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Ero rimasto abbastanza indietro
sull’evoluzione tecnologica
delle stampanti.

Poco tempo fa,
ad esempio,
ho scoperto con immenso
stupore e piacere che
adesso le cartucce
non sono più 2
(nero e a colori),
bensì 4:
ciano, magenta, giallo e nero.

Mi son detto:
“come sono buoni
i produttori,
per farci risparmiare
hanno separato i colori,
così evitiamo di gettare
l’intera cartuccia solo
perchè se n’è consumato uno:
ahhh ci voleva proprio”.

Poi invece mi sono
documentato un minimo
ed ho capito il tranello.

Prima, per un modello
di stampante low cost,
la cartuccia nera
costava 10€ circa,
mentre quella a colori 15/20€.

Adesso ogni singola cartuccia
costa minimo 10€,
e tu prima o poi sarai
comunque costretto
a cambiarle tutte e 4,
quindi la tua spesa
sarà destinata ad aumentare,
passerà infatti dai circa 30€
(10€nera + 15/20€ colori),
agli oltre 40€
(10€ nero + 10€ magenta
+ 10€ ciano + 10€ giallo).

Altro che risparmio
per il consumatore,
i produttori da sto giochino
ci guadagnano minimo 10€.

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Il mio docente di Marketing
diceva che esistono
prodotti problematici,
sui quali ci soffermiamo
sopra diverso tempo prima
di decidere se acquistarli o meno
(ad esempio: una casa),
ed esistono prodotti
poco problematici,
la cui qualità
è ritenuta irrilevante,
e di solito scegliamo
quelli che costano meno.

L’esempio che portava
su questi ultimi è
quello della carta igienica.
In tutta onestà,
io fino a non molto tempo fa
concordavo appieno
con lui.

Poi ho invece capito
che anche la carta igienica
non è un prodotto poco problematico,
e l’ho capito quando
mi è capitato di andare
nel bagno di una famiglia “in”:
la carta igienica che
utilizzavano sembrava seta,
erano carezze al sedere,
a differenza della carta igienica
comunemente utilizzata
a casa mia, che è qualcosa
di molto simile alla carta vetrata…

Ma la “carta igienica vetrata”
è roba extralusso rispetto
a quella che di recente
si è incaponita a comprare mia madre,
praticamente questa qui
ha così pochi strati (e scadenti)
di carta che al contatto
con le parti intime
si scioglie in mano,
ebbene sì, ti pulisci
e rischi seriamente
di ritrovarti a farlo a mani nude:

adesso guai a chi si azzarda
a dire che la carta
igienica non è un
prodotto problematico.

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Saldi

Sono riuscito finalmente
a dare una spiegazione
al perchè, durante i saldi,
diversi negozi tappezzano
interamente le loro vetrine
con i cartelloni pubblicitari.

Prima, infatti, la ritenevo
una mossa stupida,
in quanto non facendo vedere
il prodotto al passante
non si poteva suscitare
il desiderio di comprarlo.

Poi c’ho riflettuto,
e la tattica di vendita
che ci sta dietro
è proprio questa:
non mostrare il prodotto
al possibile cliente,
ma fargliene sentire
soltanto “l’odore”
attraverso enormi
scritte di “sconti”,
che consentano di attirarlo
“nella tana del lupo”.

Tu il prodotto
non lo devi vedere,
devi essere attirato
dalla vetrina ricoperta
dai saldi, fiutare l’affare,
e catapultarti lì dentro.

Poi, appena varcata
la soglia del negozio,
firmi la tua condanna a morte.
Su di te si precipeterà
prontamente come un avvoltoio
la commessa di turno che,
se ci saprà fare (e ci saprà fare…)
riuscirà ad ammollarti
qualcosa che, se avessi visto fuori,
mai per la testa ti
sarebbe passata l’idea
di entrare a comprartela.

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Faccio fatica a comprendere
le tattiche di marketing
delle tv porno a pagamento,
tipo ContoTv o Glamour;

quelle che, per intenderci,
trasmettono sulle loro
frequenze del digitale
terrestre solo a partire
dalle 23 in poi:
in pratica obbligano
le persone ad avere orgasmi
a orari prestabiliti.

Immaginate di essere eccitati,
e di andare dalla vostra compagna
a fare le fusa ma che lei,
orologio alla mano vi risponda:
“no caro, sono le 16,
non è ancora il momento,
resisti fino alle 23”.
Ma come resisti fino alle 23…
io ho voglia ora!!!

Non capisco il senso
di non trasmettere 24 ore su 24:
anche gli stessi film,
a ripetizione
per tutta la giornata,
penso sarebbero graditi.

Ma poi che orari sono…
dalle 23 alle 7…
la gente la mattina deve
svegliarsi per andare a lavorare,
mica può passare l’intera
notte a masturbarsi,
nè tantomeno mi sembra giusto
che spenda tot soldi al mese
per masturbarsi solo 15min
e solo negli orari
decisi dall’emittente.

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Esistono determinati
prodotti/servizi
con costi al cliente
esorbitanti rispetto
ai costi di produzione/erogazione
per le aziende.

Rientrano in questa
categoria quei
prodotti/servizi
che, una volta ottenuti,
raramente verranno
richiesti di lì a breve
(divani, detersivi,
epilazioni definitive).

I guadagni che le imprese
dovrebbero ricevere
da voi a intervalli
regolari, decidono quindi
di riceverli tutti in una volta
comportando un notevole
aumento del prezzo.

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Quando traslocarono “Controcampo”
su rete 4 rimasi perplesso non poco,
significava delocalizzare
un programma con forte appeal giovanile
(il macchiettistico Mughini, le colorite paggelle di Ziliani, il pubblico tifoso, ecc..ecc…)
da una rete giovane a una decisamente per anziani.

Le cose iniziarono ovviamente
ad andare male, ancora peggio
di quanto già non stessero andando
da dopo l’avvicendamento
dell’impareggiabile Piccinini
col gelido Alberto Brandi.

La clamorosa soluzione che Mediaset
adottò per questa emorragia di telespettatori
(e che suonò quasi come un’auto bocciatura)
fu lo spostamento di messa in onda del programma:
dalle 22.30 alle 23.20.
Passato più di un anno sono
finalmente riuscito a capire
la logica di tale mossa.

All’inizio, infatti, non riuscivo
proprio a spiegarmi per quale ragione
un tifoso che avesse appena finito
di vedere il posticipo serale
dovesse sintonizzarsi su Rai 2
a vedere la Domenica Sportiva
pur di ascoltare qualche intervista/commento/immagine
e poi subito dopo passare alle 23.20
su rete 4 per vedere in sostanza le stesse cose
che aveva visto con quasi 1 ora d’anticipo.

Controcampo adesso non punta
più a questo pubblico,
ovvero al “tifoso puro”,
quello che la tv la sera la accende
solo  per vedere il calcio,
il nuovo segmento di mercato
a cui Controcampo si rivolge è quello dell’amatore,
colui che la domenica preferisce
al calcio il film in prima serata,
e che solo a conclusione di quest’ultimo (ore 23.20/23.30)
decide di informarsi sugli avvenimenti calcistici.

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Lo spettatore viene indotto
dall’attraente presentazione,
oltre che da chi la svolge,
a comprare l’oggetto raffigurato sullo schermo
in quella che sempre più rassomiglia
a una caccia ai beni materiali
orchestrata dalla pubblicità,
dove anche il tempo e lo spazio
sono controllati dal capitalismo
e tramutati in merci:

il tempo diventa denaro
lo spazio proprietà.

Il desiderio di emulare i testimonial
degli spot televisivi ha immancabilmente
dato luogo a una società di consumo controllato
dove tutti ambiscono a consumare
e dove l’uomo non si libera più attraverso
il lavoro ma attraverso il consumo,
ben si delinea, quindi,
una figura umana ridotta a semplice consumatrice.

Tuttavia quel che oggi conta non è tanto
il testimonial di “grido”
ma lo slogan da far entrare facilmente
nella testa dei telespettatori
(No Martini No Party, Red Bull ti mette le ali).

Si potrebbe immaginare che il telespettatore,
avendo acquisito una maggiore malizia televisiva,
senta meno impellente la necessità
di aver un attore stimato che si faccia garante
di quel determinato prodotto ma gli sia sufficiente,
se condivisa, la filosofia del messaggio pubblicitario.

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Vi siete mai chiesti il perchè
nei centri commerciali le gioiellerie,
a differenza degli altri esercizi commerciali,
non hanno nè porte nè pareti?

Pure tattiche di marketing:
in un centro commerciale si va in visita,
raramente per acquisti mirati,
proprio per questo semplice principio
non ci passerebbe mai per la testa
di entrare in una gioielleria,
e sentirci quindi obbligati a prendere qualcosa,
se questa fosse una di quelle “tradizionali”,
ovvero con la porta blindata,
il bottone da schiacciare per entrare, ecc..ecc…

Tutte queste “barriere”
portano “responsabilità”
che frenerebbero non poco il visitatore
che è lì per girare senza impegno.

Responsabilità che invece non ha
se trova già spalancato,
quindi entra perchè tanto
lo fanno tutti e costa nulla,
una volta lì è capace poi di comprarsi
anche qualche cosa che mai
si sarebbe sognato di comprare
se non fosse entrato e l’avesse vista.

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Verso Natale i prezzi nei grandi
negozi di elettrodomestici
invece di aumentare
(causa regali) diminuiscono.

Aumentando la domanda,
e di conseguenza l’offerta dei competitor,
per non farla disperdere altrove,
i commercianti cercano
di canalizzarla verso di loro
con promozioni e sconti vantaggiosi.

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Da qualche anno a questa parte
c’è stata la riscoperta
del mercato dei giovanissimi.

Il motivo è semplicissimo:
faccio un prodotto per adulti?
Lo comprerà solo l’adulto interessato.

Faccio un prodotto per bambini\ragazzini?
Lo compreranno i bambini e i genitori.

Esempio:
A vedere un cartone animato al cinema
non ci va il bimbo da solo (1 biglietto),
ma accompagnato dai genitori (3 biglietti).

Stesso discorso per i concerti
che si rivolgono a un target giovanile,
come quelli dei Tokio Hotel,
ad ascoltarli va il figlio e un genitore,
a volte anche l’altro,
e ben che vada appresso si portano
pure il fratellino minore non sapendo dove lasciarlo
(4 Biglietti invece di 1 solo).

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Sport Italia è un’emittente furbissima.

Tratta argomenti sportivi,
quindi rivolti a un pubblico prettamente maschile,
di conseguenza le sue giornaliste,
Ballarini a parte (che è comunque un bel tipino),
sono tutte delle strafighe esagerate,
stravaccate mezze nude sopra a un divano
anche il 15 di dicembre (riscaldamenti a manetta),
che vengono inquadrate, attenzione, dal basso
per valorizzarne la fisicità, ma soprattutto le gambe,
mai un primo piano o un mezzo busto.

Ah, Valentina Ballarini sul divano non l’ho mai vista…

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“Cioè”, “Molto bene“, “Hai capito?”,
“Sì, insomma, voglio dire”, “È veeero?”,
“Ecco!”, “Assolutamente si “, “Per dire”,
“Praticamente”, “Stop al televoto”, “La lavagnatta”,
“Non stare lì a ciurlare nel manico”, “Porca figura”,
“Duri meno di un gatto in tangenziale”,
“A chi tocca non se ‘ngrugna”, “Puntatooona”,
“Pronto, pronto, questura di Napoli?”

Quando il linguaggio televisivo diventa un Brand.

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Sto rivalutando il popolo della rete.

I ragazzetti sbandati di oggi
sono ben più scaltri di quello
che lasciano a vedere, anzi,
vi dirò di più, sono dei
provetti geni del marketing.

Hanno capito che (inspiegabilmente)
sul web i video di tale “Gemma del Sud”,
per usare uno slang giovanile,
“tirano” di brutto (yeah!) e
tutti a catena le fanno video
di risposta in modo tale
da essere indicizzati dal motore
di ricerca di youtube
sotto le tag “gemma del sud”,
farsi trovare e ottenere visibilità.

Insomma, usando la “cazzimma”
vivono di luce riflessa.

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