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Gomorra – La Serie

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Più di una persona mi ha invitato
a vedere “Gomorra – La Serie”.
Premesso che non sono un grande
divoratore di serie tv,
men che meno italiane,
sebbene mi abbiano garantito
che è di ottimo livello,
ho scelto per principio
di non buttarci nemmeno un occhio.

Non è snobbismo,
è che sono stufo di dare all’estero
sempre la stessa immagine di noi,
quella dell’italiano mafioso.

“La piovra”,
“Romanzo criminale”,
“Montalbano” (per certi versi),
adesso “Gomorra”
è possibile che noi,
nella finzione come nella realtà,
negli USA sappiamo esportare
solo la mafia?

Gli americani sono bravi nei film di fantascienza,
i francesi nelle commedie,
mentre noi, il popolo dei Giuseppe Verdi,
dei Leonardo Da Vinci, degli Indro Montanelli,
degli Eduardo, noi siamo specializzati
nei film di criminalità.

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https://i0.wp.com/locali.data.kataweb.it/kpmimages/kpm3/gloc/rep-napoli/2009/10/15/jpg_1749454.jpg

La Mafia quando decide
di ammazzare, ammazza,
senza mezzi termini
né troppi scrupoli.

Le stragi più celebri,
Capaci e Via D’Amelio,
ne sono la triste testimonianza.

Lì però c’erano due persone
che avevano profuso
tutti i loro sforzi
per contrastare in prima persona
le organizzazioni criminali,
gente che realmente rischiava
ogni giorno la vita
per un ideale di legalità,
al contrario di Saviano.

Saviano è un romanziere, uno che legge
verbali seduto comodamente
sulla sua poltrona di casa
per poi riportarli in libro
e lucrarci sopra.
La cosa più terribile
è che a uno così Bersani
gli voleva offrire anche un ministero,
magari quello della giustizia, a Saviano,
uno scrittore, mica un magistrato.

Non lasciatevi abbindolare
da quello che dice o da come
lo vogliono “martirizzare”,
non è diverso dagli altri,
lui è un macchina da soldi,
ha capito che il filone
camorristico funziona e
batte sempre su quello,
quando avverte che l’interesse
sull’argomento è in fase calante,
si reinventa, e comincia
a disquisire sulla politica,
sulle storie d’amore, ecc…
con non so quale credibilità
conferitagli dai media.

Sia chiaro,
fino a quando glielo concedono,
Saviano ha tutto il diritto
di continuare a pontificare
un po’ su tutto,
però quello che più mi altera
è che uno così abbia la scorta.

Quando gli si muove l’appunto
lui caccia fuori il suo consueto vittimismo,
dicendo che come al solito
ce l’hanno tutti con lui,
che la gente non lo capisce,
che per lui la scorta è un peso
e bla bla bla…

Se la pagasse da solo la scorta,
le possibilità le ha,
oppure se è così un peso ci rinunciasse,
tanto se l’avessero voluto davvero
ammazzare l’avrebbero già fatto,
statene certi, anche perché
non si è mai visto uno sotto scorta
annunciare dova andrà su
qualunque organo di stampa,
o comiziare all’aria aperta
durante le promozioni dei suoi libri.

Certo, noi siamo il paese delle auto blu
e dove una scorta non la si nega a nessuno,
a questo punto ha più senso quella
di Saviano che quella della Finocchiaro,
una che non se la incula nessuno
e che la scorta la utilizza
per farsi aiutare a fare la spesa all’Ikea.

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Esistono 5 grandi
organizzazioni malavitose:

la mafia,
la camorra,
la sacra corona unita,
la ‘ndrangheta
e la Chiesa.

La peggiore è quest’ultima,
infatti se le altre sono
unanimemente riconosciute
di stampo criminale,
la Chiesa invece può
ancora vantare
l’appoggio dello Stato
che la legittima
e, in un certo senso,
la tutela.

Appena un membro
delle altre organizzazioni
viene beccato a delinquere,
la giustizia italiana
lo processa regolarmente
e al soggetto in questione
spettano (spetterebbero…)
i suoi 20/30 anni di carcere.

Per la Chiesa questo non vale,
essa può continuare
a delinquere in modo subdolo,
e se malauguratamente
un suo componente viene
colto con le mani nella marmellata
(es. un prete pedofilo)
esso non è giudicato
dalla giustizia italiana,
bensì da una sorta
di giustizia interna della Chiesa
che puntualmente non lo arresta,
ma lo solleva semplicemente
dall’incarico attuale
mandandolo in una fantomatica “rehab”,
oppure gli cambia sede.

Fantastico.

Immaginate se potesse valere
lo stesso discorso anche per la Mafia
e che una volta catturato
il Provenzano di turno,
invece di metterlo in prigione
e buttare via la chiave,
venisse data la possibilità
alla sua cosca di mandarlo
in rehab e poi cambiargli
zona di lavoro, invece della Sicilia,
chessò, la Liguria.

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A imperversare per ragioni ignote
è la ruffianeria televisiva
nei confronti dei napoletani.

Sovente, infatti,
anche in maniera forzata
e del tutto pretestuosa,
possiamo ascoltare in svariati
programmi frasi del tipo:

“lo splendido pubblico partenopeo”,
“Napoli è una città meravigliosa”,
“un saluto a tutti i napoletani”.

Premesso che Roma è oggettivamente
molto più bella, grande
e importante di Napoli,
vi ricordate frasi simili
riferite alla città eterna
o al suo popolo? No.

La ruffianeria verso
Napoli è unica nel suo genere,
non esistono altre città
a cui si riserva tale
trattamento privilegiato.

Una spiegazione sul perchè
ho cercato di darmela:
avete presente quando qualcuno,
sapendo che vi fa piacere,
vi fa un complimento ma in realtà
sta solo prendendovi in giro
o puntando a un secondo fine?
Ecco, io credo
succeda proprio questo.

I Napoletani sono esaltati.
Pur avendo la faccia nell’immondizia,
disoccupazione alla stelle,
la camorra sotto casa
e l’odio di mezza Italia addosso
si sentono importanti.

Il presentatore televisivo,
dunque, facendo leva proprio
su questo aspetto, cerca
di far diventare il programma
“Napoli friendly” in modo tale
da catturare su di esso l’attenzione
del numeroso pubblico partenopeo
(e quindi portatore di ascolti)
che in quella trasmissione
è certo di ottenere una ribalta nazionale.

Roma sa di essere importante,
è inutile stare a rimarcarlo,
mentre Napoli non lo è,
e, per innalzarsi,
ha costantemente bisogno
di qualcuno che,
almeno a parole,
sostenga il contrario.

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Saviano ha due grandi meriti:
arrivare facilmente a quello che
Morgan chiamerebbe il “popolo bue”,
e dare una ribalta nazionale
al problema delle mafie.

Tra le qualità che invece non
gli si riconosce c’è la “coerenza”:
attacca Berlusconi ma pubblica
per Mondadori, di Berlusconi…
lo attacca e poi è stipendiato
per “Vieni via con me” dalla
Endemol, di Berlusconi…

Altra qualità che non mi sento
di attribuirgli è quella
di conoscere appieno l’argomento
su cui è chiamato a parlare.

Chi invece sa ciò di cui parla
è un magistrato calabrese costretto
a vivere sotto scorta dal 1989 per
la lotta in prima fila alla ‘ndrangheta,
Nicola Gratteri, egli riferendosi
velatamente a Saviano ha dichiarato:

“Troppi parlano e scrivono di ‘ndrangheta
e mafia solo per aver sentito dire;
per averne una vera conoscenza
occorre viverci dentro.”
Aggiungendo che non basta pubblicare
un libro al riguardo per fregiarsi
del titolo di “esperto del settore”.

In effetti quello su cui mi interrogo
sempre quando ascolto Saviano è:
“ma parla in base a cosa? E in quali vesti?”
Siamo bravi tutti a leggerci due verbali
e a raccontarli davanti una platea,
ma, caro Saviano, hai mai preso parte
a una operazione antimafia?
Hai mai seguito passo dopo passo
le indagini per la cattura di un boss?

Se, come noi tutti crediamo,
non hai fatto niente di tutto ciò
perchè quello che esce dalla tua bocca
devo prenderlo come oro colato?
Perchè devo pagarti con i miei soldi
la scorta se non fai altro che leggere
dei verbali e raccontarli in un libro?
Di tuo che ci metti?
Di vissuto, di esperienza personale
acquisita sul campo nella lotta alle mafie.

Premesso poi, come ha detto Pino Daniele,
che se lo avessero voluto davvero
fare fuori lo avrebbero già fatto,
non si sono fatti scrupoli
con Falcone e Borsellino
(altra gente che sapeva di cosa parlava…)
figuriamoci di un romanziere qualunque come Saviano.

Premesso questo, Saviano col tempo
ha smesso i panni del saputello sulla Mala
trasformandosi in un “cantastorie”.
Fateci caso, ora più che Giovanni Falcone
sembra Klaus Davi, un “tuttologo”,
parla di tutto senza sapere bene un cazzo di niente.

In principio fu la mafia,
ultimamente lo si è invece sentito
sormoneggiare sul cemento dell’Aquila
e addirittura sulla storia d’amore di Welby e Moglie…
Allora il dubbio di prima diviene ancora più forte:
“ma in base a cosa parli…insomma, su cosa ti sei formato???”
Immaginatevi se Falcone si fosse addentrato
in discorsi politici o sull’Eutanasia,
o se Benedetta Parodi avesse continuato
a condurre il telegiornale mentre
continuava a cucinare i funghi porcini:
sarebbero stati credibili per voi?
Avreste senza ombra di dubbio pensato
che la stessero facendo fuori dal vaso.

Saviano però si è superato
con il suo ultimo libro:
“la bellezza e l’inferno”,
che è praticamente una raccolta
di tutti i suoi articoli di giornale
degli ultimi 3 anni dove parla
di sè, della mafia e di tutto ciò
che gli frulla per la testa
(la solita solfa insomma).

Perle che la Mondadori ha ben pensato
che noi tutti non potessimo
fare a meno di conservare.
Perle che Saviano ha deciso di far pubblicare
(facendogli fruttare ulteriori soldi)
in quanto utili all’umanità,
e non perchè, essendo lui un caso letterario,
ogni cazzata che fa o dice è accolta
come Vangelo dalle capre.

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Quante volte ci siamo sentiti
ripetere dai vertici della Giustizia
le loro serie intenzioni a debellare la mafia:
non esiste nulla di più insensato.

I motivi che rendono tali
dichiarazioni una grossa fandonia,
data in pasto al popolo per imbonirselo,
sono due, anche piuttosto banali.

1) Senza il male, il bene non avrebbe motivo di esistere, si fanno gioco a vicenda.
2) La mafia, come qualsiasi altra associazione criminosa,
è strutturata in maniera piramidale:

    A1
   B1B2
 C1C2C3
popolazione

dove A1 è il “Boss”,
B1 e B2 sono i “bracci destri del boss”,
C1,C2,C3 i clan affiliati.
 
Saltasse A1, verrebbe subito sostituito da B1 (o B2),
il posto di B1 andrebbe a un membro di C1,
infine il posto del membro di C1
lo prenderebbe un incensurato della popolazione
da sempre attratto dalla criminalità organizzata.

Come potete ben capire,
per evitare questa reazione
a catena innescata
ogni qualvolta un membro della “mala”
viene catturato, occorrerebbe
spazzar via contemporaneamente
tutta la struttura piramidale:

il che, oltre a essere decisamente fantasioso,
comunque potrebbe non bastare,
perchè gli “incensurati” si organizzerebbero
per fondare una nuova piramide,
e continuare l’opera criminosa
sfruttando il nome dei loro predecessori.

Basti ricordare le Brigate Rosse,
annientate nel 1987 e poi riapparse nel 1999
con gli omicidi D’Antona e Biagi
ad opera di “nuove leve” totalmente estranee,
anche anagraficamente, al vecchio movimento.

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Napoli è un microcosmo
anche riguardo alla musica.

I cantanti neomelodici
per eccellenza hanno delle
caratteristiche distintive
e comuni tra di loro.

1) Cantano rigorosamente in dialetto, anche strofe che non lo richiederebbero.
2) Hanno un look personalizzato e creato per fare tendenza.
3) Quasi sicuramente gli verrà commissionata dalla camorra una canzone che ne parli in modo positivo.
4) Al 100% faranno una canzone riferita a qualcuno che si sposa, per strappare un ingaggio ai matrimoni e andarla a dedicare.

Inoltre, visto che a Napoli
nessuno vuole lavorare ma tutti cantare,
e visto che nessuno fa niente per senza niente,
ogni cantante emergente è costretto ad autofinanziarsi
il disco sborsando una somma di circa 20-30mila euro.

A questi vanno aggiunti i soldi
di eventuali collaborazioni\duetti
con cantanti affermati per poter
avere maggiore visibilità.

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Racket

Il Pizzo lo si paga per avere “Protezione”.

Protezione da quelli che
ti chiedono il pizzo.

Ambè…

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“Noi siamo il popolo dei Totò, degli Eduardo e dei Troisi”.

Sì, siete però anche il popolo dei Giuliano, dei Cutolo e di Scampia…

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