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Nelle competizioni agonistiche
la differenza la fanno le strutture.

Un paese come la Cina,
caratterizzato da una popolazione sconfinata,
è impossibile, per la legge dei grandi numeri,
che non sforni almeno un atleta
competitivo in ogni disciplina.

Sono fortissimi in quelle d’acqua, nella ginnastica
e nel ping-pong ma scarsissimi in quasi tutte le altre.

Così come non c’è da meravigliarsi se gli italiani
sono forti nel calcio (‘na volta…)
e totalmente inadeguati nel tennis.
Quanti campetti di calcio potete contare
nella vostra città? E di tennis?

La mancanza di strutture è figlia
della cultura e della tradizione di una nazione,
queste possono rivelarsi determinanti
per la vittoria anche in presenza
di una componente che dovrebbe
far saltare il banco:
la genetica.

La superiorità fisica dei neri sui bianchi
é cosa risaputa, i neri potrebbero sovrastare
i bianchi in qualsiasi sport atletico,
eppure, per mancanza di strutture,
scelgono di concentrarsi esclusivamente
su quelli riguardanti la corsa
tralasciando tutti gli altri che
li potrebbero vedere al vertice.

A memoria d’uomo,
ricordate che sia mai esistito
un forte nuotatore nero?

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Ci è piaciuto per anni prendere
per il culo la Cina, con i luoghi comuni,
ancora oggi persistenti,
dei cinesi produttori
di roba nociva,
scadente e fatta dai bambini.

Adesso sono la prima economia del mondo
e ci stanno comprando pezzo dopo pezzo:
Berloni, Pirelli, Krizia e Tacchini i brand più famosi.

Se nel tempo trasferisci capitali e,
soprattutto, conoscenze ad altri
è normale che questi prima o poi
si riorganizzino
facendoti concorrenza
con costi minori
fino ad affossarti.

Prima gli unici cinesi che vedevi nel commercio
erano quelli del
“pollo flitto, gelato flitto, tutto flitto”
presenti in qualche sparuto ristorante,
adesso ci hanno invasi alla pari dei centri scommesse,
vedi negozi, con quelle caratteristiche lanterne rosse
esposte fuori, ad ogni angolo delle strade.

L’ilarità e i luoghi comuni
hanno da sempre accompagnato
anche un altro popolo, quello albanese.
Negli anni ’90 gli albanesi erano i morti di fame
che venivano in Italia col gommone
per poi finire a rapinare ville.

Adesso, manco a dirlo, l’economia
albanese è in ascesa e anche loro
hanno cominciato a offrire
lavoro agli italiani
(Agon Channel, Pavia Calcio).

Loro a noi.
In meno di 30 anni.
Come cambia il mondo.

Riflettete, lo vedete più
un albanese per strada a mendicare?
Sentite più una notizia di cronaca nera
che riguarda un albanese?

Ne ospitiamo tanti,
ma davvero tanti
nella nostra nazione,
sono perfettamente integrati nella società
e ricoprono posizioni lavorative solide.

Se ciò è avvenuto lo si deve anche alla tv,
la tv crea e disfa nemici.
Se prima quelli da cacciare erano loro,
adesso lo sono diventati i disperati africani
di “Mare nostrum”.

Gran parte del merito televisivo
riguardante la riabilitazione dell’albanese
lo si deve ad “Amici” che lungo gli anni
ha strizzato molto e con simpatia l’occhio
a questo popolo, mostrando agli italiani
che gli albanesi non erano quelli
che mendicavano per strada o rapinavano ville,
ma gente dotata di disciplina ed arte:
Kledi Kadiu, Leon Cino, Anbeta Toromani.

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