Mesi fa vidi un buon film
italiano (sempre più una rarità),
“L’ultima ruota del carro”.
Chi avesse intenzione di fare lo stesso
smettesse di leggere che sto
per spoilerare il finale.
Il film è basato su una storia vera,
parla di un uomo umile
la cui vita è stata segnata
da tante vicissitudini
e quando inaspettatamente
sembrava arrivato il colpo di fortuna
che avrebbe fatto cambiare le cose,
una vincita alla lotteria,
ecco accadere l’incredibile,
la moglie gli getta irrecuperabilmente
il biglietto nella spazzatura.
La scena finale per me è
emblematica e piena di significati:
lui che rovista disperato tra i rifiuti
di una discarica alla ricerca del biglietto vincente.
Un uomo che dal nulla
era passato ad avere tutto
e subito dopo stringeva
tra le mani addirittura meno
di quanto avesse sempre avuto,
perchè abbassarsi a rovistare
dentro una montagna di immondizia
è quanto di più basso
e umiliante possa esserci,
e lui per la sua sete di denaro
era riuscito a privarsi
persino della dignità.
Ad aggravare ulteriormente una situazione
già di per sè non edificante,
l’aspro litigio avuto con la moglie a causa di quel biglietto,
dove volarono parole forti, che ferivano nel profondo
una donna che non le meritava affatto,
una donna che amava tantissimo
e che lo amava tantissimo
al punto tale da non averlo mai abbandonato
nemmeno nei periodi più bui.
In piedi sui rifiuti,
con le mosche che gli camminavano sulla faccia,
il film si conclude con l’uomo che recupera la lucidità
e telefona alla moglie per chiederle scusa
con parole che, nella loro semplicità,
toccano il cuore perché piene di sentimenti:
“Ma che sto a fa’?
Angelì? Ma che sto a fa’?
Ma che t’ho detto prima?
Ma che t’ho detto… tutte quelle cose…
io non le penso tutte quelle cose che t’ho detto,
hai capito?
Non le ho mai pensate, mai!
Hai capito si o no?
Ma che ce so venuto a fa’ io qua…
noi l’avemo vinta già la lotteria Angelì,
ce l’avemo già la fortuna.“