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Posts Tagged ‘crisi’

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Dovessi dare un nome agli ultimi 15 anni,
li definire “gli anni del terrore”:

1) Il terrore di non arrivare con i soldi a fine mese

2) Il terrore di uscire di casa per non farvi più ritorno
a causa di un pazzo islamico.

3) Il terrore di andare a dormire e risvegliarsi
sotto un ammasso di macerie o, peggio ancora, non risvegliarsi più.

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https://i0.wp.com/i.huffpost.com/gen/1037456/images/o-SINDROME-DA-DEFAULT-CRISI-ECONOMICA-SUICIDI-facebook.jpg

La cosa peggiore che un’azienda
possa fare, e che sistematicamente fa,
durante un periodo di difficoltà economica,
è alzare il prezzo dei propri prodotti.

Puro autolesionismo.

Rivalersi sui clienti
è la strada più facile,
ma anche quella che
accelera il fallimento.

Il cliente bada ai propri interessi,
non ha motivo di pagare di più un prodotto
che potrebbe trovare
a un prezzo inferiore altrove,
a meno che non sia un prodotto esclusivo,
ma di solito, chi offre questa tipologia di prodotti,
ha il monopolio sullo stesso,
e quindi difficilmente
potrà trovarsi in difficoltà.

Oltretutto il cliente ha men che meno voglia
di pagare di più un prodotto
che ha sempre pagato di meno.

Lo pseudo imprenditore
non pensa a cambiare
una errata strategia societaria
per arginare la fuga dei clienti,
egli ha solo interesse a recuperare
le entrate mancanti cercandole
dai clienti rimasti,
che con tutto ciò non c’entrano nulla,
causando inevitabilmente
la dipartita anche di questi ultimi.

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GoPro

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Anche il mercato degli apparecchi fotografici
è entrato in crisi,
è notizia recente che il colosso
delle fotocamere, GoPro,
in un’ottica di razionalizzazione dei costi,
sta per lanciare sul mercato
una fotocamera più dinamica
che funzionerà solo in presenza
di un soggetto realmente valido da riprendere:
La “Co. Go.Pro”

(vi lascio 3 minuti per capirla).

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Ci è piaciuto per anni prendere
per il culo la Cina, con i luoghi comuni,
ancora oggi persistenti,
dei cinesi produttori
di roba nociva,
scadente e fatta dai bambini.

Adesso sono la prima economia del mondo
e ci stanno comprando pezzo dopo pezzo:
Berloni, Pirelli, Krizia e Tacchini i brand più famosi.

Se nel tempo trasferisci capitali e,
soprattutto, conoscenze ad altri
è normale che questi prima o poi
si riorganizzino
facendoti concorrenza
con costi minori
fino ad affossarti.

Prima gli unici cinesi che vedevi nel commercio
erano quelli del
“pollo flitto, gelato flitto, tutto flitto”
presenti in qualche sparuto ristorante,
adesso ci hanno invasi alla pari dei centri scommesse,
vedi negozi, con quelle caratteristiche lanterne rosse
esposte fuori, ad ogni angolo delle strade.

L’ilarità e i luoghi comuni
hanno da sempre accompagnato
anche un altro popolo, quello albanese.
Negli anni ’90 gli albanesi erano i morti di fame
che venivano in Italia col gommone
per poi finire a rapinare ville.

Adesso, manco a dirlo, l’economia
albanese è in ascesa e anche loro
hanno cominciato a offrire
lavoro agli italiani
(Agon Channel, Pavia Calcio).

Loro a noi.
In meno di 30 anni.
Come cambia il mondo.

Riflettete, lo vedete più
un albanese per strada a mendicare?
Sentite più una notizia di cronaca nera
che riguarda un albanese?

Ne ospitiamo tanti,
ma davvero tanti
nella nostra nazione,
sono perfettamente integrati nella società
e ricoprono posizioni lavorative solide.

Se ciò è avvenuto lo si deve anche alla tv,
la tv crea e disfa nemici.
Se prima quelli da cacciare erano loro,
adesso lo sono diventati i disperati africani
di “Mare nostrum”.

Gran parte del merito televisivo
riguardante la riabilitazione dell’albanese
lo si deve ad “Amici” che lungo gli anni
ha strizzato molto e con simpatia l’occhio
a questo popolo, mostrando agli italiani
che gli albanesi non erano quelli
che mendicavano per strada o rapinavano ville,
ma gente dotata di disciplina ed arte:
Kledi Kadiu, Leon Cino, Anbeta Toromani.

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https://i0.wp.com/www.mercatolibero.info/wp-content/uploads/2014/09/11.jpeg

Uno dei maggiori danni
di questa crisi economica
è quello di averci tolto la speranza.

I nostri padri hanno vissuto
in un’epoca dove c’era la speranza
di potersi elevare di status sociale
rispetto a quello dei propri genitori,
e la maggior parte c’è riuscito,
passando dallo status di contadino
a quello di operaio.

I giovani di oggi non posso
guardare loro padre pensando
“un domani starò meglio”,
perché già il solo eguagliare
la sua condizione
sarebbe un grosso traguardo.

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Una Moneta Odiata

https://i0.wp.com/www.rischiocalcolato.it/wp-content/uploads/2014/01/overvalued-euro.jpg

Tutto passa e
anche i disastri compiuti
dall’euro un giorno
si risolveranno,
certo,
occorrerà un ventennio,
però alla fine tornerà il sereno.

Il problema non è tanto
sperare che questa quiete
arrivi il più presto possibile,
la vera sfida per i governanti
sarà far accettare all’italiano
di avere quotidianamente a che fare
con una moneta che fondamentalmente odia,
a cui imputa decenni di sofferenza.

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https://i0.wp.com/www.vitadamamma.com/wp-content/uploads/2012/08/posta20per20te.jpg

Il successo di
“C’è posta per te”
deriva dal suo parlare
alla/della nazione.

Lo spettacolo che ti
si presenta non è un film,
sono storie vere,
già solo questo basterebbe
ad attirare uno sguardo interessato,
se poi ci aggiungi che la maggior parte
trattano di dolore e sofferenza,
il coinvolgimento del telespettatore
non può non essere che maggiorato.

Da qualche edizione “C’è Posta”
sta raccontando il paese
e la crisi economica
che lo attanaglia in una maniera
unica nel suo genere,
dando voce e celebrando
quelli che sono i piccoli eroi
della vita quotidiana,
gente che con profonda dignità
stringe la cinghia e fa i salti
mortali per arrivare a fine mese.

L’Italia vera è questa,
ed è spontaneo far scattare nel telespettatore
quel processo di identificazione
che lo porta a patire o tifare
per “l’uomo comune” di turno.

In questo tipo di programmi
il rischio di provare piacere
a spiare dal buco della serratura
è elevatissimo.

Lo sai di stare a guardare una porcheria,
perché la messa in piazza
delle lacrime e della disperazione
è per forza una porcheria,
però non riesci a fare
a meno di guardarla,
la storia ti tiene
incollato alla sedia.

“C’è posta” ti pone
in quella posizione invidiabilissima
di poterti fare i cazzi
degli altri senza che
gli altri lo sappiano
e si facciano
a loro volta i tuoi.

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Zanzare In Crisi

https://achuisle.wordpress.com/wp-content/uploads/2013/06/a62ff-zanzara_1.jpg

Giugno sotto le coperte.

La crisi inizia
a farsi sentire
anche per le zanzare.

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https://i0.wp.com/static.rivieraoggi.it/wp-content/uploads/2012/10/Centro_commerciale1.jpg

Una delle contraddizioni
dei nostri giorni è l’esplosione
dei Call Center.

Ci sono meno soldi in circolazione
ma sempre più persone
che tentano di farteli spendere.

La spiegazione che mi sono dato
è che, non essendoci soldi,
non esiste neanche lavoro,
e chi non ha lavoro
accetterebbe qualsiasi
cosa pur di guadagnare
una minima somma,
ed ecco la capillare
e costante diffusione
dei Call Center e dei promoter.

Per contrastare una minima
domanda da parte dei consumatori,
viene schierata da parte del produttore
un’enorme offerta a basso costo.
Il denaro che semmai prima
veniva elargito per
retribuire 20 persone,
adesso viene spalmato su 80
(è più facile che 80
riescano a vendere più di 20,
l’importante è che il costo
complessivo della manodopera
rimanga invariato).

Ha dell’incredibile anche
il proliferare di nuovi
centri commerciali.
Il consumatore, con la scusa
“del passare qualche ora in relax”,
viene inevitabilmente
attratto da qualcosa nelle vetrine,
che farà nascere in lui
un desiderio indotto,
tramutabile in un possibile acquisto
che mai avrebbe compiuto
in circostanze diverse.

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https://i0.wp.com/www.benecasa.it/assets/images/articoli/appendere-quadro.jpg

Da Luglio l’iva dovrebbe
aumentare al 22%.

No problem.

Al Sud si è già trovata
la soluzione:
non la si fa pagare.

Mi ero messo in testa
di farmi fare dei quadri personalizzati
e, vista la carenza di pecunia
e la taccagnaggine del sottoscritto,
come da abitudine decisi
di farmi un giro di tutte
le arti grafiche della città
chiedendo ad ognuna un preventivo.

Ricevevo sempre la solita risposta:
“costa tot euro + iva”.
Tra me e me mi chiedevo
come fosse possibile che mi dessero
il prezzo non comprensivo di iva,
per il gusto di far scervellare
il cliente sul calcolo della cifra esatta?

Sta di fatto che per ogni preventivo
mi misi a fare questa addizione,
scegliendo ovviamente l’offerta più conveniente.

Al momento di pagare,
con già in mano la somma
che mi ero ricavato,
ecco svelare l’arcano.

I quadri se li volevano
far pagare senza
il rilascio della fattura.

Tutti gli esercenti
avevano fatto lo stesso pensiero.

Allora ho davvero capito
che il Sud si regge sul nero,
e che, come si è sempre detto,
senza il lavoro sommerso
saremmo già andati a fondo
da un bel pezzo.

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Pignoratece l’Italia

https://i0.wp.com/www.sitofelice.it/images/blog/crisi-economica.jpg

Voglio fare uno di quei
discorsi bassi bassi,
che potreste sentire
tranquillamente dal salumiere
o dal fruttivendolo
sotto casa mentre
vi apprestate a fare la spesa.

Fa bene ogni tanto
sbracarsi in piena libertà.

Allora…
a parte che non stanno facendo
altro che rincoglionirci
da mesi con un’ondata di paroloni
esterofili che non avevamo
mai sentito prima d’ora
(bund, spread, default, spending review),
mi piacerebbe che mi spiegassero,
perché forse per limiti miei
non mi è ancora ben chiaro,
verso chi abbiamo tutti questi debiti.

Fateci caso,
dicono sempre che dobbiamo dei soldi,
ma non specificano mai a chi.

Noi dobbiamo dei soldi,
la Francia deve dei soldi,
la Spagna deve dei soldi,
tutti devono dei soldi
però, dannazione,
non ci fanno capire a quale strozzino.

Suppongo a delle banche,
perché le sento sempre menzionare
come se fossero belzebù.
Allora dico io,
è possibile che delle banche,
degli organismi circoscritti,
siano più potenti di un insieme di nazioni?
Talmente potenti da potersi permettere
di tenere sotto scacco
la stessa nazione che le ospita?
Perché sono allocate fisicamente
da qualche parte…
di certo non sono fluttuanti.

Mettiamo caso che, paradossalmente, domani
il presidente del Consiglio Italiano
si svegli e dica:
“debiti o non debiti, non paghiamo nessuno”.
E a ruota lo seguissero
tutti i primi ministri
delle altre nazioni coinvolte
in questa crisi economica.

Cosa succederebbe?

Le banche pignorerebbero le nazioni
e le metterebbero all’asta?

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Fino a pochi mesi fa
chiunque lo avrebbe dato per morto,
del resto ci aveva pensato
stesso lui a congedarsi
dalla scena politica
con un video messaggio
di forte rimando a quello
del lontano 1994.

Sembrava la perfetta
chiusura del cerchio.

Invece no, a 73 anni suonati,
con un improvviso scatto di reni
è riemerso dalla macerie
per dichiarare guerra
al solito nemico comunista
e a quegli stessi “tecnici”
a cui lui avevo lasciato
volontariamente il posto.

Non starò qui a giudicare
l’uomo, il suo operato
e né se sia giusto o meno
ricandidarsi per l’ennesima volta;
il mio focus va più
che altro sul meraviglioso
popolo italiano,
colui che si dispera
della miseria in cui è ridotto,
e che dice di odiare i politici
tanto da premere per un reset
dell’intera classe.

Lo stesso popolo che quando
è chiamato a dare una svolta
al passato, conferisce
in maniera netta il proprio voto
a Bersani, che in parlamento
ci sta già da 20 anni.

Allora non dobbiamo lamentarci,
perché è proprio vero che
ognuno ha quel che si merita,
e noi ci meritiamo 20 anni
di Berlusconi, la povertà,
Barbara D’Urso e le 8 edizioni
(e chissà quante altre ancora) di Don Matteo.

Questo è un paese
di vecchi e per vecchi.

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Se in Italia, per protestare,
applicassimo lo stesso impegno
profuso per organizzare i flashmob,
probabilmente oggi staremo
tutti un po’ meglio.

Esiste una crisi nera,
una disoccupazione dilagante,
la tassazione più elevata del mondo;
i nostri avi avrebbero
messo a ferro e fuoco
le piazze impugnando le forche;
noi invece no,
i nostri ragazzi,
quelli maggiormente
penalizzati da questa
congiuntura economica,
e quindi quelli da cui
dovrebbe partire la sommossa,
si danno appuntamento in piazza
per farsi riprendere come
dei deficienti mentre
fanno 5 minuti di balletto.

Stiamo assistendo a
un menefreghismo e una perdita
di valori che ha
dello sconcertante.

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Se L’è Cresciuta

La lingua dice molto
sulla cultura di una nazione.

Non so nel resto dell’Italia,
ma almeno al sud,
quando si parla di una
coppia che sta insieme
sin da giovane età,
riferendosi alla donna,
è sovente dire che l’uomo
“se l’è cresciuta”.

Magari hanno anche la stessa età,
però è sempre la donna
a fare la parte dell’indigeno,
di quella stupida e incapace
che ha bisogno del sostegno
del macho per potersi civilizzare.

E’ il maschio che “cresce” la donna,
mai il contrario, fateci caso,
la donna non è proprio presa
in considerazione sotto questo aspetto.
Figuriamoci se al maschio
può essere affibbiata una
posizione di inferiorità rispetto
alla propria donna, non scherziamo…

La stessa frase “se l’è cresciuta”
è intrinsecamente maschilista.

Cresciuta viene intesa
come “ammaestrata”,
l’uomo si è plasmato
la donna secondo le proprie
esigenze, in particolar modo
quelle sessuali,
per questo tra conoscenti e parenti,
in caso di crisi della coppia,
è difficile accettare che
l’uomo debba lasciare
simile feticcio in mani diverse,
sarebbe come apparecchiare
la tavola e  vedere che sono
gli altri a mangiarci sopra.

Inoltre l’onore dell’uomo ne risentirebbe.
Volete mettere il vanto
di aver preso una donna illibata
e di essere poi diventato l’unico
ad averne avuto l’esclusiva?

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Ciò che più fa salire
i nervi della crisi economica
è che non è dipesa da te.

Ha del paradosso ritrovarsi
con le pacche nell’acqua
per colpe non proprie,
ma di altri
(i potenti attori economici)
che, per anni e anni,
si sono presi la briga
di mettere a rischio il destino
di un’intera collettività
per accrescere i propri
interessi personali.

Una persona comune,
che ha sempre condotto
una vita onesta
e svolto un lavoro dignitoso,
non azzardando mai
un passo più lungo della gamba,
a costo di sacrificare
vacanze, pizze e sfizi vari
pur di dare un avvenire solido
ai propri figli,
adesso si ritrova in rovina
a causa di qualcuno che nemmeno
conosce che si è divertito
a giocare a “carta vince, carta perde”
con la sua vita e i suoi risparmi.

C’è da uscire matti,
altro che arrabbiarsi.

La cosa più grave è un’altra.
Ci disperiamo che non c’è lavoro,
che i ragazzi stanno in mezzo a una strada;
sì, d’accordo,
attualmente siamo messi male,
però abbiamo (quasi) sempre
una famiglia alle spalle
che ci sostiene seppur
con grosse difficoltà.

Il disastro vero e proprio
lo si avrà tra 30 anni,
quando la generazione dei giovani di oggi,
che avrà trovato lavoro, forse,
glielo si augura, a 30-35 anni,
sarà costretta o a lavorare fino alla morte,
o ad andare in pensione per anzianità,
con poche centinaia di euro.

Il consiglio spassionato, allora,
se non si hanno mutui sul groppone,
è quello di rivolgersi a una compagnia assicurativa
e pagarsi una pensione integrativa
appena ottenuto un posto di lavoro:

quello che conserverete oggi,
ve lo ritroverete un domani,
accanto a quei 4 spicci
che vi passerà lo Stato.

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In questo periodo di crisi
in pochi ti offrono lavoro,
e quei pochi lo fanno o
con stage sottopagati o
richiedendo una precedente
esperienza nel settore.

Allorché una giovane leva,
appena uscita dall’Università
e priva di esperienza alcuna,
qualora si rifiutasse
di andare a fare la fame
con uno stage al Nord
pur di maturare questa dannata
esperienza, può optare
comunque per la fame,
ma almeno nella sua città
e non con uno stage
bensì con del volontariato.

Semplice?
Invece No.

Per fare del volontariato
hai bisogno di un’assicurazione
perchè la tua azienda
non si assume responsabilità
nel caso ti succedesse qualcosa.
Cioè, fino a quando lavori
e produci per lei, ok,
sei uno di loro,
se però malauguratamente
ti fai male, sempre
lavorando per loro,
improvvisamente nessuno
ti conosce più e c’è
un lavamani generale.

Preso atto di ciò,
ti fai forza e vai
a informarti per un’assicurazione
che copra, da prassi,
sia infortuni e malattie,
che responsabilità
civile contro terzi (RCT),
in quanto l’azienda
“così ha deciso”.
Preventivo delle compagnie assicurative:
200-300€ tutto compreso.

Mej Cojoni.

Qui è diventato un lusso
persino fare volontariato.

Pagare per lavorare Gratis
è una delle tante umiliazioni
a cui c’hanno costretto a piegarci.

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Mia madre è la persona
più pessimista che io conosca,
soffre di vittimismo acuto,
tutti ce l’hanno con lei,
e se una cosa è grave 1,
lei in maniera perentoria ci mette
il carico e la fa diventare grave 10.

Ogni tanto però,
le sue manie di persecuzione
danno involontariamente luce
a esilaranti gemme di comicità,
come quella di pochi giorni fa.

Si parlava della crisi (tanto per cambiare),
mia madre si disperava
più del dovuto (tanto per cambiare!),
allorché le proposi una rapina,
farci catturare, e per i restanti
anni campare così sulle spalle
dello Stato senza più preoccupazioni.

Ed è lì che è uscita
fuori tutta la sua classe,
quell’inconfondibile
colpo di genio
che l’ha resa indiscussa
cintura nera di negatività:

“Se rubi una mela ti mettono in galera,
con la fortuna che mi ritrovo
se andassi a rapinare una banca
mi darebbero gli arresti domiciliari”.

Cosa vuoi controbattere più?
Ha vinto di nuovo lei, chapeau.

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L’Italia è maestra
nel non trovare soluzioni,
e aggirare semplicemente
gli ostacoli.

C’è una forte crisi
economica nazionale,
ed invece di adoperarsi
per risolverla o
comunque chiedere
la fiducia della popolazione,
ci vengono a dire:
“andate a lavorare all’estero”.

Come all’estero…
siamo una delle nazioni
più industrializzate al mondo,
con un enorme patrimonio
culturale e artistico,
e dobbiamo tornare
a fare la valigia
di spago e cartone
come i nostri avi
agli inizi del ‘900?

Siamo ai limiti del paradosso,
siamo ai limiti del terzo mondo.

Un’altra di quelle
“soluzioni all’italiana”
che mi lasciano allibito
riguarda la violenza negli stadi.

Tifoserie avverse
possono rischiare
di venire a contatto
durante una partita di calcio?
Ok, allora vietiamo
la trasferta ai tifosi ospiti,
semplice no?

Ma che soluzione è?
E’ come se durante un processo
il giudice per evitare
che gli avvocati
si scontrino,
eviti l’accesso a uno di essi…

ci rendiamo conto
di quanto siamo ridicoli?

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Non me la sento di condannare
gli imprenditori che,
nel pieno di una crisi,
prendono la sofferta decisione
di dare il via ai licenziamenti.

Certo, da esterni fa male
vedere su una strada
persone che avevano un posto fisso,
d’altro canto non si può
però obbligare un imprenditore
a non chiudere bottega
perchè altrimenti metterebbe
in ginocchio centinaia di famiglie:

se un’azienda non va
ed è costantemente in perdita,
non ha motivo di esistere.

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La Grecia è fallita,
l’Italia quasi,
la Francia dice che è al verde,
la Spagna e la Germania idem,
persino gli Usa piangono miseria.

Ma ‘sti soldi dove stanno?
Non sono acqua, che evaporano,
da qualche parte dovranno pur concentrarsi,
qualcuno attualmente deve
guadagnarci a scapito degli altri.
Chi sono costoro? Cina, Brasile e India?

Immaginate l’insieme
dei capitali mondiali
come una torta frazionata
in percentuali che sommate
danno il 100% (la torta intera).

Prima della crisi,
supponiamo che l’Italia avesse il 7%
dei capitali mondiali,
la Germania l’8%,
gli Usa il 15%,
il Burundi lo 0,00005 %
e così via per tutte le altre
nazioni fino a formare il 100%.

Adesso che,
sempre per esempio,
L’Italia non ha più il 7 ma il 4%
gli Usa non hanno più il 15 ma il 13%
ecc.. ecc….
tutti questi punti percentuali,
questi pezzi di torta che loro
hanno perso, a chi sono andati???

I soldi circolano,
e sono all’incirca sempre quelli,
non si smaterializzano,
mi piacerebbe che qualcuno spiegasse
chi da tutta questa situazione
ci sta  guadagnando a scapito nostro.

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Passiamo continuamente
il tempo a lamentarci
dei nostri politici,
tanto che inizio a temere
che essi facciano quasi
da parafulmine a questa
situazione di crisi generale.

Parliamoci chiaro,
è facile sparargli addosso,
ogni comico che punti a riscuotere
successo e consenso fa il monologo
sull’attuale classe politica
(vedere Brignano alle Iene),

però non dimentichiamoci
che loro… siamo noi,
loro sono lo specchio
del degrado della nostra nazione,
una naziona dove regna
la cultura e l’arte
di fottere il prossimo,
del clientelismo
e del pressapochismo.

Ci si scandalizza a vedere
un politico non votare
l’abolizione dei suoi privilegi
o mangiare la mortadella
in aula per festeggiare
la caduta del governo Prodi.

Ma noi?
Noi siamo diversi?
Noi che  stappiamo lo champagne
e facciamo il trenino
davanti al Quirinale
per la caduta di un Premier
possiamo fare la morale
o essere d’esempio a qualcuno?

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Manovre Anti-crisi

Non sarò un economista
però a certe cose
ancora c’arrivo:

se spenderemo di più
(aumento dell’iva)
e guadagneremo di meno
(soppressione festività infrasettimanali)

come potremmo mai
uscire dalla crisi???

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Si innescano
strani meccanismi
quando usciamo
con le ossa rotte
da una una storia importante,
o siamo nel bel mezzo
di una sua crisi.

Inevitabilmente
ci metteremo alla ricerca
di un “amore sostitutivo” e,
non di rado, abbiamo
la fortuna di trovare
addirittura chi è disposto
a darci molto più di ciò
che in precedenza eravamo
abituati a ricevere:
attenzioni, premure,
galanterie e carezze
ormai dimenticate.

La testa ci suggerisce
di buttarci a peso morto
tra le sue braccia,
sarebbe razionalmente giusto,
questo noi lo sappiamo,
ma a mischiare le carte
e a fregarci ci pensa
come al solito il cuore.

Quella persona potrà essere
la più dolce, sensibile e
speciale di questo mondo,
le sue carezze
lasciano trasparire
un affetto commovente,
ma non sono le carezze che vogliamo,
non sono le carezze
della persona per cui
stiamo ancora soffrendo.

Ed è una sensazione
orrenda non provare alcun
trasporto per una persona
che invece verso di te
del trasporto ne ha,
inevitabilmente i sensi
di colpa aumentano e con essi
la convinzione di non voler
illudere o ferire nessuno
a causa del nostro stato confusionale.

Il paradosso è che, magari,
col “nuovo che avanza”
ci usciamo volontariamente,
perchè è in dubbio che
faccia piacere sentirsi
al centro delle sue attenzioni,
ma quando poi si fa avanti
cercando qualcosina in più,
anche un semplice tocco,
a noi imbarazza, anzi,
da quasi fastidio
sentirci addosso le sue mani,
le percepiamo come
quelle di un estraneo.

La chiamano “chimica”,
o cel’ha o non cel’hai,
non si acquisisce col tempo,
e non è consentito forzarla.
Chissà, magari sarebbe scattata
in altre circostanze,
forse viste le nostre recenti
delusioni è ancora troppo presto,
o forse il nostro sesto senso
ha già provveduto ad avvertirci
che quella non sarà la persona
capace di lenirci le ferite
e restituirci la gioia
di una nuova avventura.

Dove sta la verità
possiamo stabilirlo solo noi,
e non è possibile farlo
se prima non mettiamo ordine
dentro noi stessi,
capire davvero se ciò
che vogliamo l’abbiamo lasciato
alle spalle e c’è modo
di recuperarlo,
o se il nostro è soltanto
un momento di smarrimento
che è destinato a passare
frattanto che non riusciremo,
con fatica, a riabituarci
a nuove mani e a nuove emozioni.

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Esistono due possibili
approcci a una relazione
sentimentale:

Altruistico,
dove si ragiona in termini di “noi”,
c’è profonda condivisione
sia di gioie che di dolori,
e la volontà di superare
i momenti di crisi perchè
nel partner riscontriamo
l’altra nostra metà.

Egoistico,
dove invece a dominare
incontrastato è “l’io”,
c’è il partner spesso
confinato nel solo ruolo
di “pezzo di carne” con cui
appagare le nostre voglie,
e l’intento è di non affrontare le crisi
ma utilizzarle piuttosto
come pretesto per svoltare
e cambiare registro.

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Il governo, per arginare la crisi,
cerca di allungare l’età pensionabile
dando persino incentivi economici
a chi decide di proseguire nel lavoro;
escamotage per ritardare il sostentamento
pensionistico e l’ulteriore aggravio di costi.

Ma consentire a un lavoratore
la prosecuzione della sua carriera
fa si che non si liberino posti
per le nuove leve, creando quindi
disoccupazione e crisi economica comunque.

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Con la crisi mondiale
gli italiani hanno riposto
nel gioco le loro aspettative
per un futuro migliore:

Sono aumentati i centri scommesse,
sono aumentate le estrazioni del lotto
e i giochi derivanti dal lotto,
c’è stata la riscoperta dei gratta e vinci (ma da 5€, non 1€ come prima),
e c’è stato infine il boom del poker.

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