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Posts Tagged ‘dignità’

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Sono favorevole a qualsiasi cosa:
ai matrimoni gay,
ai figli affidati alle coppie omosessuali,
alla stepchild adoption,
a tutto quello che volete voi,
ma agli uteri in affitto proprio no,
non riesco a concepirli.

Mi sembra un controsenso,
oltre che una barbarie:
si sono fatti anni di battaglie
per restituire dignità alle donne
e poi si consente che esse vengano
considerate come mero strumento procreatore.

A parte la questione ideologica,
è proprio immorale
consentire a una donna
di fare da incubatrice.

Parliamoci chiaro,
un figlio in provetta per l’uomo
è questione di un attimo,
anzi di 5 minuti nel bagno,
per la donna sono 9 mesi
di sofferenze,
al termine dei quali
le si strappa il bambino
e lo si dà ad altri
in cambio di un assegno.

È disumano.

Da non sottovalutare
anche tutte le ricadute
che ci sarebbero
da un’apertura del genere:
ovvero la nascita di un mercato
di gente disperata
disposta anche a sfornare figli in serie
pur alzare qualche spicciolo.

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Quando qualcuno vuole fare lo splendido
tira fuori la frase
“la dignità non ha prezzo”,
falsissimo,
tutto ha un prezzo,
tutti hanno un prezzo.

Ruby ne è l’esempio lampante,
non si è fatta troppi scrupoli
a passare per troia e a vedere
il proprio faccione sbattuto in prima pagina
su tutti i quotidiani del mondo.
Una reputazione bruciata a soli 20 anni
in cambio di un assegno a 9 zeri.

Il fine giustifica i mezzi,
ognuno in fondo cerca di sbarcare
il lunario in qualche modo,
e se essere riconosciuta come “malafemmina”
comporta, già a 20 anni,
il non svegliarsi la mattina
per andare a lavorare
e il vivere di rendita
per il resto della vita,
penso che chiunque valuterebbe
questa opportunità.

Passare pochi mesi di inferno
per poi vivere da Dio i restanti,
fino alla fine dei tuoi giorni,
perché tanto tutto passa,
la gente dimentica,
ma il conto in banca resta.

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Professo’, quella ragazza che avete visitata,
la vedete? Nunn’è niente.
So’ quattro ossa messe insieme
che una persona sbadata può fare così con le mani,
e dice: «Questa è roba inutile, non serve».

E senza pensarci sopra le butta in un angolo,
in mezzo ai rifiuti e non ci pensa più.
Veste alla moda? Nossignore.
Porta le calze di seta? Non le porta.
Va dal parrucchiere? Non ci va.
Eppure, quelle quattro ossa messe insieme
proprio come sono state messe,
in quella posizione, cu’ chille duie uocchie,
cu’ chella pelle, ‘e chillo stesso culore…
sta cosa ‘e niente, ‘a vedite?

È ‘a femmena mia.

E a me, guardate a me.
Tengo ‘e scarpe rotte.
E guardate ‘o vestito…
E volete vedere la camicia?
E pur’io che rappresento?
Quattro ossa schifose che chiunque
farebbe col piede così…
per farle finire nell’immondizia.
Ma per lei queste quattro ossa schifose
sapete che rappresentano?

L’ommo suio.

Da “Il sindaco del rione Sanità”,
appena ho letto questo monologo
ho provato una forte emozione,
non ho potuto fare a meno
di rileggerlo, poi l’ho riletto ancora
ma l’emozione non svaniva.

In queste poche e semplici
parole di un popolano
ci trovi tutto:
estrema dignità per ciò che si è e si ha,
orgoglio, fierezza,
senso di protezione, amore
per una donna che per gli altri non è niente,
ma che per lui è tutto.

E’ la sua donna.

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Vi è mai capitato
di avere a che fare con
qualche energumeno
che se non state bene attenti
a pesare le parole con la sua donna
correte il serio rischio
di innescare una rissa?

Sappiate che la difendono
non per altruismo,
né tantomeno per galanteria;
lo fanno perché toccando la loro donna
è come se voi steste toccando indirettamente
la loro dignità e una loro proprietà.

Difendono sé stessi.

Che poi, almeno che non si abbia
accanto una demente
(e visto il troglodita in questione, è probabile),
si presuppone che qualsiasi
donna abbia i mezzi per rispondere
da sola a una presunta offesa.

Se ti metti in mezzo
la fai passare come un’imbecille,
ne ammetti l’inferiorità;
e questo ritengo sia molto
più grave di un’aggressione verbale
subita da un estraneo.

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Provate a immaginare
a quanti sacrifici
si è prestato un giovane laureato.

Anni di stress,
studi frenetici,
investimenti economici
per pagarsi una retta
o una camera.

E poi, quando finalmente riesce
ad ottenere quel dannato
pezzo di carta,
con estrema felicità,
perchè no,
si sente dire
che il titolo per cui ha
sputato sangue non
è servito a nulla,
perchè posto per quelli
come lui al momento non c’è
e, probabilmente, mai ci sarà.

Non so voi,
ma io ogni volta che
mi trovo a mandare un cv
è come se subissi una violenza,
uno stupro alla mia dignità.

Perché quel curriculum
non lo sto mandando a chi voglio,
ma a chi, forse, ma forse,
cerca qualcuno come me.

Uno stupro è uguale,
non ti stai dando a chi ami,
ma a chi è in cerca
di carne fresca.

Tu ti denudi,
gli mostri tutti ciò che hai,
lui ti guarda,
e se gli vai bene ti scopa,
altrimenti getta nell’immondizia
i tuoi anni di sacrifici;

allorché ti rivesti
e sei pronto a dare in pasto la tua intimità
di nuovo, a umiliarti di nuovo,
a farti violentare di nuovo,
da chi ne farà richiesta.

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Il Call Center è quel posto
dove, in cambio di pochi euro,
delle persone deboli
sono costrette a imbrogliarne
altre ancora più deboli,
in una guerra tra poveri
dove in palio c’è la sopravvivenza
e a vincere è solo colui
che organizza il tutto,
e che magari in contesti diversi
è il primo a lamentarsi
di certe forme di sfruttamento.

In principio il Call Center
doveva essere “il posto in banca”
per il personale non qualificato,
invece è diventato
una delle poche e certe
prospettive lavorative
di giovani laureati
costretti a svendere
la propria moralità e dignità
in cambio di una minima
forma di sostentamento.

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Fatti personali ne racconto pochi
semplicemente perchè
non ritengo che possano essere
di interesse pubblico.

Quello che però mi è successo
un paio di settimane fa merita
di essere condiviso perché
è un quadro perfetto
della situazione attuale.

Stavo a letto da giorni
con la febbre oscillante
tra i 38° e 39.5°,
avevo appena finito di scrivere
il testamento quando arriva
una telefonata, rispondo
con l’ultimo anelito rimastomi,
e dall’altra parte:

“Salve, siamo della Gi Group
(agenzia interinale) la chiamo
per un posto di lavoro
in un call center,
oggi ci sono i colloqui”.

No no no, aspetta un attimo,
io sto più di là che di qua,
tu, agenzia interinale,
dopo 4 mesi di silenzio assoluto
chiami per offrire
a me, laureato 24enne,
un lavoro in un call center?????

Ma con quale faccia?
Santo cielo sappiamo
che il periodo è difficile
e per questo non pretendo
un posto da dirigente,
ma diavolo, se volevo
lavorare in un call center
con una laurea in mano
mi rivolgevo a te???

Per dignità mi sono
promesso di non lavorare
mai né in un call center
né come venditore porta a porta,
piuttosto vado a pulire i portoni
che è meno umiliante.

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Si può mendicare tutto,
ma non l’amore.

Soldi, cibo, lavoro,
ci sta che una persona
non sia riuscita
a guadagnarseli da sola
per svariate cause
come potrebbero esserlo
l’istruzione, la famiglia,
i cattivi amici o la sfortuna,
in tal senso non è un disonore
ammettere la propria incapacità
ad acquisire una certa autonomia.

Quando però l’uomo si ostina
a mendicare un po’ d’amore
scende davvero troppo in basso,
è un’umiliazione per egli stesso,
perché a venir messe in discussione
non sono le sue capacità,
che si possono avere o meno,
ma la persona nella sua essenza.

Voler a tutti i costi sbattere
la testa contro una donna/uomo
che ci ha detto chiaramente
che non ci ama e che non ha alcuna
intenzione di farlo in un futuro
a volte mi chiedo che senso abbia.

In quel momento conferiamo
fin troppa importanza
a una persona che in fondo non ne ha,
inoltre stiamo dimostrando
che siamo delle persone
così povere di contenuti
da non piacere a nessun’altra,
tanto da doversi ridurre
a mendicare pietosamente amore
alla malcapitata di turno.

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Quando date a malincuore
un taglio netto a un rapporto,
siate abili a non conferire
alla vostra ex partner
più importanza di quanta
in realtà non ne abbia,
per quanto mi rendo conto
sia difficile,
non dovete mai darle
la certezza di avervi in pugno.

Dopo aver detto la parola “fine”
(o, perchè no, averla ricevuta)
dovete essere abbastanza forti
da non mostrarle ulteriori
manifestazione di interesse:
no una telefonata,
no a un sms,
niente di niente,
a costo di strappare
il cuscino a morsi
dalla sofferenza
ma non dovete farvi sentire,
non gliela dovete dare vinta:

non è una questione di orgoglio,
ma di onestà e dignità.
Lei adesso è il passato,
mentre il presente e il futuro
appartiene solo a voi e
alla donna che saprà
realmente rendervi felice.

(p.s. nel video c’è
una canzone che rende
bene il concetto)

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Si parla tanto di mercificazione
del corpo femminile,
della donna concepita
come mero “oggetto del piacere”.

In tal senso,
una delle frasi più orrende
che gli potete rivolgere
è la famigerata “me la dai?”.

Una domanda offensiva
alla massima potenza,
di quelle che, se fossi donna,
al solo ascolto
andrei su tutte le furie.

In quel preciso momento
state rivelando
in modo palese che
il vostro interlocutore
non lo considerate
un essere pensante,
ma il semplice
contorno di una vagina.

Per voi non ha interesse
il suo modo di fare,
parlare, il suo vissuto
e tutto il bagaglio
di complessità che
una donna si porta dietro:
vi interessa esclusivamente
ciò che ha in mezzo alle gambe,
e la sua vale quella di un’altra,
non percepite alcuna differenza.

Poi, vabbè, ci sono donne
che sono loro stesse
artefici di questa offesa
alla dignità morale
(“se fai il bravo te la do”),
anche forse solo scherzosamente,
ma meriterebbero comunque
la lapidazione per direttissima.

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Superficialmente ho sempre pensato
che essere un cassaintegrato
fosse una fortuna, in quanto
si viene pagati senza lavorare.
Il dramma, invece, sta proprio lì…

Il lavoro è uno dei pilastri
dell’ essere umano e ad esso
è dedicato addirittura il primo articolo
della costituzione italiana.

Per l’uomo il non lavoro
è una sconfitta personale
che comporta un senso di vergogna e inutilità.
Si comunica all’altro senza indugi
di essere spazzini, pescivendoli, pulitori di condomini, ecc…
ma non la propria situazione di
cassintegrati, mantenuti o disoccupati.

Qualcuno disse che il lavoro nobilita l’uomo:
non esiste frase più vera,
con il lavoro acquistiamo un’identità,
sappiamo cosa siamo e per cosa verremo ricordati.

Da non trascurare poi, per un maschio,
la valenza che ha la disoccupazione
in una realtà fortemente tradizionalista,
se non addirittura patriarcale,
come quella del Meridione
dove l’uomo è visto come colui
che deve portare da solo avanti la famiglia.

Quando questo non avviene
per motivi di forza maggiore,
la dignità è doppiamente scalfita.

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Le conseguenze che possono scaturire
dall’essere andati a letto con una persona,
cambiano da maschi a femmine:
la donna è indubbiamente
quella che ha più da perdere.

Ne spiego i motivi partendo
da due espressioni della lingua italiana:
“possedere una donna” e “mettersi a nudo”.

L’uomo è parte attiva nel rapporto sessuale,
è abbastanza chiaro,
la donna il rapporto lo subisce,
e questo per l’uomo equivale a “possederla”.
Non esiste l’espressione “possedere un uomo”,
è la donna che viene posseduta,
viene FATTA SUA dall’uomo una volta finiti a letto.

Per rendere al meglio l’idea
propongo una metafora medievale:
c’è un Re conquistatore che ambisce a un castello,
gli sferra diversi attacchi (con un serrato corteggiamento)
finchè le sue truppe non riescono a penetrarlo,
abbattendo le agguerrite difese di chi lo occupa,
una volta dentro, il castello è del Re, può farne quello che vuole.

Il concetto è complesso da spiegare,
una volta compreso, però, si riesce
facilmente a intepretare diverse
e centenarie dinamiche sessuali.

“Mettersi a nudo” significa essere indifesi,
non avere più barriere divisorie con chi riesce a spogliarci.
Il sesso lo si fa nudi, entrambi siamo quindi indifesi,
ma se l’uomo può vantarsi di aver
conquistato con maestria un “castello”,
lo stesso non vale per la donna,
che il castello se l’è lasciato conquistare…

Adesso entrerò più nel dettaglio,
quando una donna apre le gambe a un uomo,
è come se gli mettesse in mano la propria dignità,
sperando che costui la custodisca
con dedizione e riservatezza.

Ciò difficilmente avverrà
se l’uomo in questione è la “storia di una sera”:
quell’uomo non ha nessun interesse
a preservare la dignità della donna,
poi vabbè, lo stronzo lo può fare
anche l’ex fidanzato storico
con cui ci si è lasciati
dopo 10 anni di folle amore,
difficile però che accada.

Parlo di dignità
perchè capirete che la donna
una volta “concessasi” a un uomo
non ha più nessuna forma di rivalsa su di lui.
L’uomo può benissimamente dirle:
“stai zitta troia”, e lei non potrà
rispondergli “chi sei, ma come ti permetti?”
perchè sentirà come controrisposta:
“finiscila di fare la santarella,
quando dopo 2 ore che ci conoscevamo stavi
in macchina a succhiarmelo”.

Punto, finisce il discorso,
la donna non può controbbattere.
La cosa peggiore è però,
come è capitato di vedere a me personalmente,
quando la dignità di una donna
viene data in pasto a una marea di gente.

Lui, neo ex di lei,
raccontò in uno sfogo rabbioso
tutte le peripezie sessuali
(anche moooolto spinte) in cui si era fatta coinvolgere la sua lei.
Da allora quella che fino a quel momento
era una ragazza rispettabilissima,
per tutti noi uditori divenne una gran porca,
e le battutine da bar su di lei
non si sono mai più fermate.

La sua dignità di donna in pasto a tutti…

Per questo odio a morte le troiette da discoteca,
non capiscono quanto stiano rovinando
la loro reputazione e quale dono prezioso
mettono ogni sera nelle mani del primo
sconosciuto che gli fa sangue;
e poi se sono loro le prime a non rispettarsi,
perchè dovrei farlo io?

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Dignità

Una volta volevo cambiare il mondo.

Adesso mi basterebbe lasciare
questa stanza con un po’ di dignità.

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