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Posts Tagged ‘famiglia’

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Una domenica di Giugno,
ospite in una casa non mia
e senza aver a disposizione internet,
facendo zapping tra i canali
alla ricerca di qualcosa che mi potesse
intrattenere il più a lungo possibile,
mi sono imbattuto in un film di Mario Merola.

Sulle emittenti locali suddetti film
sono all’ordine del giorno,
ma mai mi sarebbe saltato per la testa
l’idea di soffermarmi su uno eppure,
in quella circostanza, non avendo alternative,
ho iniziato a guardare “Giuramento”, film del 1982.

Ne sono rimasto totalmente affascinato.

In Mario Merola ho rivisto in parte
il modus operandi di mio padre,
del sempliciotto di paese,
vecchio stampo, cresciuto nel nulla.

Mario Merola incarnava tutti quei valori
di quell’Italia di provincia
che ormai non esiste più:

la centralità della famiglia,
l’attaccamento alla propria terra,
l’importanza della parola data,
la netta divisione gerarchica tra uomo e donna.

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Mi chiedo come sia possibile
che fino agli anni ’70 non si divorziava
praticamente mai, mentre poi dagli ’80
non si è capito più niente,
fino ad arrivare al boom
dei giorni nostri.

Credo che all’epoca ci fosse
più tolleranza tra i coniugi,
nonostante le persone si sposassero
senza conoscersi, spesso a causa
di matrimoni combinati.

Inoltre si aveva meno conoscenza
di quello che sarebbe stato il dopo,
il giudizio della gente era un ostacolo insormontabile
e le difficoltà burocratiche di un divorzio
non aiutavano di certo.

Premesso che spesso la gente
si separa per cazzate,
mi infastidisce quella che invece
a fronte di motivazioni serie
decide di non farlo adducendo
la scusa “lo faccio per i nostri figli”.

I figli non crescono sani e belli
avendo un padre e una madre posticci
che non si guardano o, peggio ancora,
che si menano dalla mattina alla sera.

L’apparenza di una famiglia felice
non produce alcun beneficio,
un genitore felice invece sì.

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Non rimpiangere ciò che è stato
se nel tuo passato ci sei stato bene.

Quante volte i nostri genitori
ci hanno detto
“non continuare a comportarti così,
stai bruciando i tuoi anni migliori”.

Se ti fa stare bene restare a casa
piuttosto che uscire con gli amici,
non ti devi sentire in colpa,
perché non si spreca mai del tempo
a fare ciò che ci rende felici.

Se invece preferisci investire
più tempo con gli amici,
invece di curare i rapporti familiari,
fallo!
Non lasciarti condizionare da discorsi tipo
“quando non ci saranno più i tuoi genitori
vorresti aver condiviso più momenti insieme”.

Non esiste una felicità assoluta,
ciò che a te fa star bene,
a me può risultare indifferente.

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http://sparklingmagazine.files.wordpress.com/2014/12/regali-di-natale.jpg

Il Natale è da molti atteso
perché la famiglia torna
finalmente a riunirsi,
sebbene sia proprio essa
il luogo dei maggiori conflitti,
e il ritrovarsi durante le festività
dà modo a vecchi rancori,
sopiti per un anno intero,
di riaffiorare.

Uno dei tanti motivi di attrito
ha luce durante la consegna dei regali.

Solitamente si fa a gara a chi spende meno,
per poi uscirne soddisfatti se
si è riuscito a strappare
un regalo anche di un solo euro
più caro rispetto a quello donato.

Fino a quando è uno scambio di oggetti,
ci sta questa gara al ribasso
con la scusa del “è solo un pensierino”,
ti senti invece tremendamente fottere
durante lo scambio tra parenti stretti,
tra zii per lo più,
dove in ballo ci sono i soldi,
o almeno dovrebbero esserci.

Se, tu zio,
sai che la mia famiglia
darà, come ogni anno,
50€ a testa ai tuoi 2,3,4,10 figli
non puoi presentarti
con 25€ per l’unico figlio di tuo fratello,
è una presa in giro;
o, peggio ancora, non puoi presentarti
con un bagnoschiuma.

Non è una questione di soldi,
ma di rispetto, è diverso.

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I fidanzamenti sono
plurime palle al piede.

Non una sola sola,
la tua donna,
quella la si sopporterebbe anche,
ma una per ogni componente
della sua famiglia.

Quando ti fidanzi con una donna
ti fidanzi con sua madre,
con suo padre, con sua sorella,
con suo fratello e la restante dinastia.

E’ l’unico paghi
1 prendi 3 (4,5,6…) che non conviene.

Ti fidanzi con una e vedi
che la sorella ti chiede l’amicizia su fb
(ma chi cazzo te conosce???),
il fratello pretende il tuo numero
e vuole uscire ad ubriacarsi
insieme il sabato sera,
il padre invece ti vuole il mercoledì
sul divano per la champions league
mentre almeno una volta ogni
due settimane devi stare la domenica
a pranzo da loro altrimenti
la madre si prende collera.

Ma basta!

La famiglia la vedo come un clan,
un’organizzazione tenuta insieme
da legami inscindibili.
Se malauguratamente tu volessi
entrare in contatto con uno dei suoi membri,
devi prima necessariamente,
attraverso vari riti di iniziazione,
entrare tu stesso a far parte del clan.

Se non superi le prove,
sei fuori, puoi anche circuire
uno dei componenti del clan (la tua donna)
e portarlo dalla tua,
ma non sarai mai parte del clan,
anzi, i capi faranno di tutto per ristabilire l’ordine,
fino ad arrivare a disconoscere
l’elemento traditore.

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Su Canale 5 e con scarsi risultati
è andato in onda
Extreme Makeover Home Edition;
non avendo visto il programma originale,
esprimerò un giudizio basandomi
esclusivamente sulla versione italiana.

Quello del riadattamento
di un format è sempre
un argomento spinoso,
l’autore è chiamato ad aggiungere,
sottrarre o modificare elementi seguendo,
in base alla propria percezione,
i gusti del paese fruitore.

Spesso questi riadattamenti
ci permettono di capire chi siamo
o, quantomeno, come veniamo considerati
… e quasi sempre ci considerano
dei cerebrolesi, o giù di lì.

EMHE è un’accozzaglia di format,
ci troviamo “Carramba che sorpresa”,
la tv del dolore di “c’è posta per te”,
e addirittura il restyling dei concorrenti
di “ma come ti vesti?” su real time.

La casa ristrutturata, o più in generale
la sorpresa, nella tv italiana
se la merita sempre il down,
il tetraplegico, l’orfano,
mai che spettasse a una famiglia
normale, senza particolari disgrazie
che suscitino pateticità.

Dichiarano di rimodernare case
in soli 7 giorni, quando noi
comuni mortali dopo 2 mesi
siamo costretti a minacciare
gli operai di querele se
non si sbrigano ad andarsene.
Inoltre il team di EMHE si atteggia
a più non posso:
“facciamo, abbattiamo, mettiamo, creiamo”,
ovviamente in ville (mi dovrebbero spiegare
come si fa a vivere in una villetta se si è poveri…)
lì vorrei proprio vedere in un appartamento
di 70m² se sboroneggerebbero così.

Ma poi il risultato finale lo avete visto?
Sembrano tutte case del grande fratello,
arredate nella stessa identica maniera
e addirittura con tanto di piscina.
Mi chiedo una famiglia
che, teoricamente, chissà come
ha il pane a tavola a pranzo,
cosa diavolo se ne fa di una piscina e,
soprattutto, come fa a mantenerla…
Chiamasi “inutile apparenza”,
un po’ come quella di certi morti di fame
che girano con l’iPhone in mano.

Orrendo poi il finale,
con un camion a coprire
la visuale della casa
e tutti gli amici e parenti
a gridare al conducente di spostarlo
facendo finta che la casa
ristrutturata non l’hanno
mai vista prima di allora.

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Mi sono sempre chiesto
cosa spinga un figlio
abbandonato o malmenato
dai genitori,
a voler cercare di recuperare
a tutti i costi quel rapporto.

La risposta che mi sono dato
è che chiunque di noi
ha bisogno della certezza
che qualsiasi cosa facessimo,
giusta o disastrosa,
ci sarà qualcuno nel mondo
pronto ad amarci.

La famiglia è il punto
di riferimento per eccellenza,
un posto dove trovare rifugio.
Gli amici e gli amori passano,
per quanto possano diventare
“intimi” negli anni,
resteranno pur sempre degli estranei
o comunque dei familiari acquisiti
che per qualsiasi incomprensione
non esiteranno a girarti le spalle;
del resto, prima di incontrarti,
vivevano ugualmente bene.

I genitori invece no,
sono parte di te.
Senza voler entrare nei singoli casi,
dal loro ruolo, almeno teoricamente,
ci si aspetta estrema
comprensione e fedeltà.
Quando viene a mancare
questo sicuro appiglio familiare,
che altrove invece vedi esistere,
ti scopri solo e cerchi in ogni modo
di averne uno anche tu,
sebbene in cuor tuo
sai che non avrà mai
la stessa valenza di quello altrui.

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Qualcuno sostiene che in Italia,
con le giuste qualità,
sia possibile l’elevazione sociale,
che cioè il figlio del contadino
possa diventare tranquillamente
un medico o un business man.

Possibile,
ma non è affatto semplice.

Lasciamo perdere le basi culturali,
scadenti o meno,
che il figlio eredita
inconsapevolmente dai genitori
e che possono influenzare
in negativo le sue scelte;
l’idea che voglio portare avanti
parte da un banalissimo ragionamento:

se la mia famiglia di operai
fa la fame per mandarmi all’università,
ed io li ripago con un 110
in Economia e Commercio,
quando andrò a candidarmi,
da neolaureato, per un posto di lavoro,
potendo scegliere,
l’azienda prenderà me o prenderà
un 110 e lode della Bocconi?

Facciamo che i selezionatori
siano persone magnanime
e intelligenti che non badano
al prestigio del tuo ateneo:
tra te e uno che ha un Master
chi prendono?

E se per l’università,
puoi conseguire una laurea
grazie a delle minime agevolazioni,
un master invece come fai a pagartelo?
Come fai a cacciare 4mila euro (minimo) sull’unghia?
Sì, anche lì puoi correre per una borsa
di studio, ma è una, una su 20/30
posti disponibili.

Il Master se lo può permettere
il figlio di papà oppure
la persona con entrambi
i genitori che lavorano
senza alcun mutuo
pendente sulle spalle.

Aiuti statali: ben pochi.

La laurea,
in una maniera o nell’altra,
riesci a conseguirla,
la tua rincorsa al sogno
si ferma una volta uscito
dall’università,
quando dovrai competere
con altri che avranno
un titolo di studio in più di te
grazie alle sovvenzioni familiari.

Alla lunga saranno sempre
i figli della medio-alta
borghesia ad avere la meglio.

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Ciò che più fa salire
i nervi della crisi economica
è che non è dipesa da te.

Ha del paradosso ritrovarsi
con le pacche nell’acqua
per colpe non proprie,
ma di altri
(i potenti attori economici)
che, per anni e anni,
si sono presi la briga
di mettere a rischio il destino
di un’intera collettività
per accrescere i propri
interessi personali.

Una persona comune,
che ha sempre condotto
una vita onesta
e svolto un lavoro dignitoso,
non azzardando mai
un passo più lungo della gamba,
a costo di sacrificare
vacanze, pizze e sfizi vari
pur di dare un avvenire solido
ai propri figli,
adesso si ritrova in rovina
a causa di qualcuno che nemmeno
conosce che si è divertito
a giocare a “carta vince, carta perde”
con la sua vita e i suoi risparmi.

C’è da uscire matti,
altro che arrabbiarsi.

La cosa più grave è un’altra.
Ci disperiamo che non c’è lavoro,
che i ragazzi stanno in mezzo a una strada;
sì, d’accordo,
attualmente siamo messi male,
però abbiamo (quasi) sempre
una famiglia alle spalle
che ci sostiene seppur
con grosse difficoltà.

Il disastro vero e proprio
lo si avrà tra 30 anni,
quando la generazione dei giovani di oggi,
che avrà trovato lavoro, forse,
glielo si augura, a 30-35 anni,
sarà costretta o a lavorare fino alla morte,
o ad andare in pensione per anzianità,
con poche centinaia di euro.

Il consiglio spassionato, allora,
se non si hanno mutui sul groppone,
è quello di rivolgersi a una compagnia assicurativa
e pagarsi una pensione integrativa
appena ottenuto un posto di lavoro:

quello che conserverete oggi,
ve lo ritroverete un domani,
accanto a quei 4 spicci
che vi passerà lo Stato.

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Una Ruota Che Gira Male

A me quasi spiace per mamma e papà:

quando erano figli loro,
i figli non contavano un cazzo;

adesso che sono diventati genitori,
sono i genitori a non contare un cazzo.

Vaglielo a spiegà
che purtroppo
è una ruota che gli gira male.

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Sos Tata apre una finestra
sui rapporti coniugali,
oltre che sul mondo
dell’infanzia e dell’educazione.

I problemi con i figli
sovente sorgono a causa
degli attriti esistenti
tra i genitori.

Le donne saranno anche impedite
di loro nell’educare i pargoli,
però alla base c’è soprattutto
un rapporto di coppia vacillante
che costringe la donna
a farsi carico da sola del figlio.

Quando questo si verifica,
solitamente, le donne
reagiscono in una duplice maniera:

o si concentrano morbosamente
sul ruolo di madri, annullandosi
come mogli e andando così
incontro a un tradimento sicuro;

oppure diventando “libertine”,
cercando rapporti extra-coniugali
per evadere dalla routine famigliare
(le chat di incontri sono piene di questi casi).

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Un figlio non lo fate per voi,
bensì per lui e
per l’intera collettività,
sarebbe buona cosa, quindi,
darne alla luce almeno 2.

Sia perché così
si sosterranno a vicenda,
sia per non sentirvi responsabili,
nel vostro piccolo,
della riduzione della popolazione.

Messa così,
sembrerà spararla grossa,
però riflettendoci
un suo senso lo ha.

Per due persone destinate
a morire (i due genitori),
solo una è destinata a vivere (il figlio),
quindi se ogni coppia
decidesse di avere un solo figlio,
nel corso degli anni
la popolazione andrebbe
a dimezzarsi drasticamente.

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Di questo programma
mi ero già interessato in precedenza,
ma eccomi tornare nuovamente
sul luogo del delitto
per un secondo approfondimento
(ne seguirà prossimamente un terzo).

Ha un non so che di sadico
vedere queste mamme
sull’orlo di una crisi di nervi,
totalmente incapaci
a gestire i propri figli,
essere prima sbeffeggiate
con smorfie di disappunto/sbigottimento
e poi redarguite 
dalle tate osservatrici,
come la più classica
delle leggi del contrappasso.

Finalmente qualcuno che si erge
a paladino del pargolo
difendendolo dalle grinfie
del tiranno genitore.

S.O.S Tata è un po’
la nostra rivincita,
perchè altro non fa
che confermare ciò
che noi tutti figli ribelli
abbiamo pensato almeno
una volta nella vita:

“tu, il genitore non lo sai fare!”.

(P.S. Ho un debole per Tata Adriana)

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Parto dalla convinzione
che nulla sia per sempre,
che in un rapporto di coppia
il sacro fuoco della passione,
oggi arde,
ma un domani è destinato
inevitabilmente a spegnersi.

Proprio in tal senso
egoisticamente inizio
a pensare che se si ha
il desiderio di fare un figlio,
(non dico “mettere su famiglia”,
in quanto non credo
nella durevolezza dei rapporti),
non lo si debba fare
con la donna amata,
ma con la donna che,
ovviamente si ama
in quel momento della propria vita,
e che però dia anche
“ottime credenziali materne”.

Sarà capitato a tutti
di essere follemente presi
da una persona, nonostante
ritenevate che questa fosse
ancora infantile ed irresponsabile,
con difficoltà a badare
persino a sè stessa.

Ecco, ci hanno sempre detto
“devi fare un figlio con chi ami”,
e noi, amando questa persona,
aspiriamo ad averci giustamente un figlio,
però visto, tornando a prima,
che “nulla è per sempre”,
quanto conviene fare un figlio
con una persona inaffidabile?

Poniamoci sempre la domanda:
“ma un domani,
andasse bene o andasse male,
io glielo lascerei in mano
un figlio per un’intera giornata
a questa persona?”.

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Capisco che l’elevato
livello di privacy
adottato per la donazione
degli organi ha l’intento
di salvaguardare
le famiglie coinvolte.

Però ritengo anche che, spesso,
entrambe desiderino conoscersi:

quella del donatore,
per vedere continuare
la vita di un bisognoso
grazie al sacrificio
del proprio caro;

quella del ricevente,
per dire un semplice “grazie”.

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Ho sempre sentito un grosso
chiacchiericcio attorno
a “Sos Tata” ma non avevo
mai avuto il piacere
di vederne una puntata,
anche perchè credevo
che le trasmettessero
solo su Sky.

Finalmente,
in una sera d’estate,
quando solitamente
la tv non offre mai nulla,
girando i canali
alla disperata ricerca
di qualcosa da guardare,
ecco iniziare su La7 questo
famigerato Sos Tata,
e lì non ho potuto più sottrarmi
dall’osservarlo con attenzione.

Ho beccato, tra l’altro,
la puntata con Tata Lucia,
la più famosa (n.d.r. caina)
tra le tate
e, inutile dirlo,
sono rimasto totalmente
rapito dal format.

In pratica mandano
una Tata (ma non una qualsiasi,
di quelle che si riciclano
Tate per alzare due spicci,
queste c’hanno i controcoglioni,
sono tutte laureate in pedagogia)
in una famiglia composta
da un padre assente,
una madre scellerata
e dei figli pestiferi,
per vedere come si comportano
nella quotidianeità.

La tata vive a stretto
contatto con loro per giorni,
non interferendo mai,
ma appuntandosi tutte
le cose che non vanno
su una cartellina,
a mo’ di ispezione,
fino a quando non termina
la sua analisi e richiama
tutti all’ordine.
 
Smerda i genitori
in quanto buoni a nulla
e mette in riga
i pargoli con regole ferree
perchè fino ad allora hanno vissuto
nell’assoluta anarchia
e stavano crescendo
come piccoli criminali.

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I rapporti conflittuali
tra parenti sono normalissimi
(dell’idealtipo familiare del Mulino Bianco
ne si ha traccia soltanto in tv),
come del resto sono normali
anche le liti e le
incomprensioni tra amici.
 
La differenza tra i due è che
gli amici te li scegli in prima persona
dopo un’accurata selezione
e, casomani te ne scappasse qualcuno
“sbagliato”, al giro successivo
lo taglieresti fuori,

mentre i parenti
te li ritrovi …
ed estrometterli dalla tua vita,
per quanto tu voglia,
non è compito semplice.

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I rapporti uomo-donna
dai 35 ai 50 anni circa,
dove le persone coinvolte,
ormai disilluse dall’amore,
vengono fuori da plurimi
fallimenti sentimentali,
sono prepotentemente
a sfondo sessuale.

L’uomo, che non ha più
nè voglia nè intenzione
di ricostruirsi una famiglia,
cerca quindi nella donna
una stabile e regolare
vita sessuale, senza che ella
abbia aspettative, 
gli avanzi troppe pretese
o cerchi di cambiarlo.

Le donne, a loro volta,
hanno ancora qualche residua
speranza di “rinnamorarsi”,
ma la accantonano volentieri
quando l’uomo mette
subito in chiaro quali siano
le condizioni del loro rapporto.
La donna, a maggior ragione dopo i 40 anni
dove incomincia a vedersi “sfiorita”,
ha bisogno costantemente di qualcuno
che la riempia di complimenti  
facendola sentire ancora attraente,
e se “dare solo sesso”
a un uomo può essere funzionale
per riacquisire autostima, ben venga.

La situazione peggiora
dai 60 anni in poi…
Lì assistiamo a un vero
degrado dei sentimenti:
si cerca l’altro
non più per sesso,
nè tantomeno per amore,
ma per delle esigenze.

Il rapporto uomo-donna
diventa un contrattare,
un’agenzia di collocamento:
ti conosco a stento,
ma hai come requisiti
il lavare, stirare e cucinare?
Vieni pure a vivere casa mia,
da oggi sei la mia donna.

L’uomo è consapevole
di non essere autosufficiente
e cerca quindi una domestica
che sappia portare avanti
lui e la casa e, perchè no,
lo faccia scopare ogni tanto
a parametro zero.

La donna, invece,
è alla ricerca di un
tetto sotto cui stare
e di una figura maschile
che, a loro dire,
“faccia compagnia”.
Sorge allora spontaneo un dubbio:
ma se cerchi qualcuno
che ti faccia solo compagnia,
perchè non ti porti un’amica
a casa piuttosto che un uomo?

La verità è che anche loro
sperano infondo di trovare
ancora un temerario
con cui fornicare.

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Le valide persone di umili origini,
prive di paracaduti familiari,
riescono con maggiore facilità
ad affermarsi lavorativamente
perchè hanno sviluppato
quella giusta grinta, cattiveria
o, se volete dirla diversamente,
forza della disperazione…
che un figlio di papà
non potrà mai avere.

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Superficialmente ho sempre pensato
che essere un cassaintegrato
fosse una fortuna, in quanto
si viene pagati senza lavorare.
Il dramma, invece, sta proprio lì…

Il lavoro è uno dei pilastri
dell’ essere umano e ad esso
è dedicato addirittura il primo articolo
della costituzione italiana.

Per l’uomo il non lavoro
è una sconfitta personale
che comporta un senso di vergogna e inutilità.
Si comunica all’altro senza indugi
di essere spazzini, pescivendoli, pulitori di condomini, ecc…
ma non la propria situazione di
cassintegrati, mantenuti o disoccupati.

Qualcuno disse che il lavoro nobilita l’uomo:
non esiste frase più vera,
con il lavoro acquistiamo un’identità,
sappiamo cosa siamo e per cosa verremo ricordati.

Da non trascurare poi, per un maschio,
la valenza che ha la disoccupazione
in una realtà fortemente tradizionalista,
se non addirittura patriarcale,
come quella del Meridione
dove l’uomo è visto come colui
che deve portare da solo avanti la famiglia.

Quando questo non avviene
per motivi di forza maggiore,
la dignità è doppiamente scalfita.

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Benedetta Parodi è il mio Guru:

saluto, sorrisone, esibizione della coscia
(che già solo quella meriterebbe attenzione),
esecuzione del piatto, “cotto e mangiato”,
solito dito in bocca che,
per quanto antigienico,
è di un sexy della Madonna,
di nuovo sorrisone e via.

Per non parlare poi dell’alchimia
che ha con Caressa, straordinaria…
un idealtipo familiare,
insieme sembrano davvero
costituire la nuova coppia felicità.

In fondo la Parodi incarna
il sogno di qualsiasi italiano:
quale marito non vorrebbe
una bella moglie che, mentre egli lavora,
passasse le giornate dividendosi
tra i fornelli e i figli,
per poi farsi trovare la sera,
al rientro del proprio uomo,
scosciatissima e sorridente?

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Tempo fa sentii da una donna
una riflessione che mi colpì.

Ella parlava della sua esperienza
personale, confessando che da quando
era uscita dalla casa familiare
per andare a vivere col proprio uomo,
non sentiva più il Natale come prima.

Perchè, se ci pensiamo, sono i nostri
genitori a portare avanti le tradizioni,
ad ornare casa, a cucinare i piatti natalizi,
ad addobbare lo stesso albero di Natale.

Una volta che essi vengono a mancare,
o perchè ci trasferiamo o perchè muoiono,
nessuno più ha per noi la preoccupazione
di ricreare quell’atmosfera.

Il delitto perfetto è poi compiuto
se abbiamo un lavoro stressante da portare avanti:
questo è il classico caso in cui
il tempo libero lo si preferisce
passarlo al cinema o nel letto a riposare
piuttosto che ad attaccare palline all’albero.

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Affinché un fatto di cronaca possa generalmente
accattivare l’interesse degli spettatori
sono necessarie alcune componenti essenziali:

1. Almeno una donna deve essere coinvolta (magari assassinata).
2. Meglio ancora se nella vicenda entra l’innocenza stroncata di un bambino, l’ideale sarebbe la contemporaneità di entrambi i fenomeni.
3. Il luogo dove si è svolto l’omicidio deve essere un tranquillo paesino sperduto dell’entroterra, che persino Google Earth ne ignorava l’esistenza prima di quel momento.
4. Il delitto deve avere rigorosamente un risvolto sentimentale o familiare, l’assassino va rintracciato tra la sacralità delle mura domestiche.

A condire il tutto con una iniezione
di pathos e risolutezza ci pensano poi i giornalisti,
capaci di infondere anche alla più insignificante delle notizie,
come sarebbe ad esempio quella riguardante
un’unghia improvvisamente incarnita al presidente del Consiglio,
quella valenza di tragicità che tanto serve per portare ascolti alla rete.

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Questione di Ruoli

Troppi amano soltanto dei ruoli,
non necessariamente le persone
a cui sono abbinati.

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La famiglia impone la propria dittatura
sui figli fino al compimento dei 14 anni,
ovvero fino a quando l’universo di questi ultimi,
con l’innesto nelle scuole superiori,
si allarga oltre ai parenti e ai genitori.

Dopo urge necessariamente un cambio di strategia
e l’approdo a una “democrazia moderata”,
fondata sul dialogo e la comunione di intenti.
Si rischierebbe altrimenti di continuare
a far germogliare rancore nei figli
con il conseguente abbandono degli stessi
e il presagio di una vecchiaia in solitudine.

Non serve ritenere di aver preso quella
determinata decisione “per il loro bene”,
convinti di “agire nel giusto”,
perchè le persone sono diverse,
e quello che è giusto per il genitore
può non esserlo per i figli.

Del resto nessuno deve avere
la presunzione di sapere cosa è giusto
o meno per un altro, perchè per quanto
ne si ha conoscenza, non si possono
cogliere tutte le sfumature
di una vita non propria.

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Avere degli idoli o dei modelli da imitare
è sintomo di scarsa personalità,
l’aggravante è se l’idolo in questione
nemmeno lo si conosce di persona.

In questo caso vengono osannati
personaggi che hanno mostrato di loro
l’aspetto migliore, il più produttivo,
non necessariamente quello vero,
ed è normale che il ragazzino di turno,
non ancora temprato, pensi fra sè:
“ah, come vorrei essere come lui”.

Tutto cambia in età adultà,
i poster vengono adagiati nel cassetto,
e i veri miti diventano le brave
persone che si fanno un mazzo così
per mantenere onestamente la propria famiglia.

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