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Posts Tagged ‘inglese’

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Quest’anno, per quanto ampiamente
fuori età media,
ho fatto per la prima volta
il giurato al Giffoni Film Festival.

Un’esperienza che desideravo da tempo
e che mi è servita ad entrare
in contatto più stretto con gli under 20.

La cosa che mi ha maggiormente colpito
è la loro insoddisfazione verso
qualsiasi produzione italiana,
che sia musicale o cinematografica.

Non guardano la tv,
recuperano tutto dal web,
specialmente film e telefilm americani
che vedono rigorosamente in lingua originale.

Hanno un inglese fluente
e questo gli permette anche
di rifiutare la discografia nostrana
a scapito di quella estera.

Se per le nuove leve è così semplice
sputare sul patrimonio culturale italiano
il rischio, in un futuro
nemmeno troppo prossimo,
è la perdita di un’identità nazionale.

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Poliglotti

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Erano gli anni ’80
quando ci dissero che il mondo
doveva avere una lingua comune.

Tutti a studiare l’inglese.

Verso la fine dei ’90
una sola lingua non bastava più,
per lavorare come bidello
dovevi conoscerne quantomeno altre 2.

Tutti a studiare il francese e lo spagnolo.

L’11 Settembre 2001 pose l’accento
sul mondo islamico,
una cultura e un’economia
fino ad allora inesplorate.

Tutti a studiare l’arabo.

Con lo scoppio della crisi
economica si è sentita la necessità
di aprirsi a quei paesi in via di sviluppo.

Tutti a studiare il cinese e il russo.

Attualmente siamo nel momento storico
dove, come al solito, ci conviene
propendere dalla parte del più forte.

Quindi…tutti a studiare il tedesco.

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Ma se tutti devono sapere l’inglese,
perché pretendete da noi la conoscenza,
minimo, di un’ulteriore lingua
oltre all’inglese e a quella madre?

Se tutti, e dico tutti, devono categoricamente
conoscere l’inglese, si suppone
che, casomai andassi a lavorare in Francia, in Spagna o
all’ombra della Grande Muraglia,
io possa dialogare con i locali in inglese.

Perché allora mi chiedi un’altra lingua?

Qualcosa non quadra.
Allora non è vero che tutti
devono per forza sapersi esprimere
nella lingua di Queen Elizabeth.

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Era il giorno di Pasqua,
stavo fuori casa, spaparanzato
su un divano, in attesa
che mi chiamassero
per la tradizionale abbuffata,
giravo nevroticamente
i canali tv alla ricerca
di qualcosa che non fosse una replica
o una telecamomilla per anziani,
quando improvvisamente mi
imbatto in questo programma, “Italianissimi”,
su ABC, canale 33 del digitale terrestre.

Sono rimasto subito flashato.

Devo confessarvi la verità,
per quanto cerchi di limitare
il maschio alpha
che alberga anche in me,
ciò che d’istinto mi ha
fatto desistere dal cambiare
canale è la conduttrice gnocca,
Laura Fantuzzi, da lì poi
è venuto tutto il resto.

Inizialmente pensavo fosse
il solito tutorial per far
apprendere l’inglese
a noi italiani duri di comprendonio,
invece no, il programma
puntava a far apprendere
l’italiano agli stranieri!

Per quanto fosse nobile l’intento,
nei fatti, il risultato
era abbastanza strampalato,
tanto è vero che il programma
sembra essersi interrotto
proprio dopo la prima puntata.

La cosa che mi ha colpito
maggiormente era che
insegnava l’italiano agli stranieri,
in italiano, un italiano complesso
e parlato, oltretutto, velocemente,
quando si presuppone che i telespettatori
stranieri l’italiano non lo sapessero affatto.

A dire il vero dopo veniva data
anche una rapida spiegazione in inglese,
ma la Fantuzzi si impappinava sovente
dando l’impressione di non padroneggiare
appieno la lingua, e anche la pronuncia
maccheronica lasciava molto a desiderare.

Insomma, un vero disastro,
ma una chicca imperdibile
per gli amanti del trash televisivo.

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Io e l’inglese litighiamo spesso.

Lo mastico abbastanza,
più per necessità che per passione,
e grazie ad internet cerco
di imparare ogni volta
qualche parolina in più,
che poi sistematicamente dimentico.

Sono duro di comprendonio, lo ammetto,
però anche l’inglese ci mette
del suo per mandarmi in confusione,
la nostra madrelingua ha tante lacune,
però almeno è chiara:
quando diciamo “mai” è mai,

non è che “mai” magicamente
significa anche “sempre”.

In inglese questo avviene,
ed anche google translate
va nel pallone.

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Un italiano lo riconosci tra mille.

L’Italiano è quello
che si fa 11 ore
di volo per New York
e il primo posto che corre
a visitare è Little Italy.

L’Italiano è quello
che apre un’attività
chiamandola con un nome inglese
sia per dargli quel sapore esterofilo
sia, soprattutto, per atteggiarsi.

Peccato che, generalmente,
l’inglese non lo conosca
e quindi finisce sempre
per utilizzare la stessa dozzina
di inflazionatissime parole:
love, star, paradise, heart,
angel, music, ecc…

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La lingua inglese mi sta
facendo fare il sangue amaro,
te la cercano ovunque,
spesso a sproposito.

Ma chi può dire di averne
una conoscenza ottimale?
Forse le nuove generazioni,
quelle che entreranno nel mondo
del lavoro tra 5 anni,
perchè hanno beneficiato
di una precedente riforma
scolastica, detta delle 3 “I”
(internet, inglese, impresa),
ma chi adesso è appena uscito
dall’università, magari anche
a pieni voti, è mai pensabile
che debba essere tagliato fuori
da qualsiasi lavoro solo
perchè non ha un inglese fluente?

A sto punto invece di perdere
5 anni all’università,
è meglio che ne si perda 1
ma a fare un corso di inglese.

Che poi le imprese sono fantastiche,
non solo per accertarsi
del tuo grado di conoscenza
ti fanno sostenere il colloquio in inglese,
ma spesso esigono anche un soggiorno
comprovato all’estero
o addirittura la conoscenza
di una seconda lingua oltre
a quella inflazionatissima
della Regina Elisabetta.

Pur di non far lavorare
i ragazzi si spingono sempre oltre,
l’asticella va ad alzarsi
sempre un po’ di più.

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Archiviata la pratica universitaria,
sto affacciandomi con
grande interesse e curiosità
al mercato del lavoro.

Scorrendo le varie offerte
occupazionali in quei sitacci
che ne aggregano di tutti i tipi,
ho notato che nessuno
offre un lavoro a tempo indeterminato,
solo contratti part-time,
a progetto e fregature simili.

Ad andare per la maggiore sono gli “stage”,
ovvero, ti assumono full-time
per 3 mesi senza pagarti un centesimo
ma facendoti fare lo stesso
lavoro che fa uno stipendiato:
produci a costo zero.

Al termine dello stage,
ne assumono un altro,
sempre per 3 mesi,
sempre a costo zero,
e così via in modo
tale da avere sempre
un impiegato che lavori gratis.
Furbo no?

Altri lavori ad andare per la maggiore,
manco a dirlo,
sono ovviamente quelli
nei call center,
mentre le aziende che offrono
occupazione, sebbene nessuno
le abbia mai sentite prima,
si dichiarano tutte
“leader nel loro settore”:
cosa non si fa pur
di attirare povere
braccia alla canna del gas.

Gettonatissimi sono anche
lavori dai nomoni altisonanti:
Junior Account
Sales Promoter
General Sales Engineer

… un modo accattivante per dirvi
che dovete fare il “porta a porta”,
statene assolutamente alla larga,
se ci coalizziamo riusciremo
prima o poi a debellare
questo cancro del sistema.

Interessante è anche
la tipologia di laureato
che ricercano, quelli
di tipo umanistico,
ad esempio, non se li caga nessuno,
e vengono quindi aggregati
nella più generica famiglia
“dell’area disciplinare POLITICO-SOCIALE”.

Che importa che tu sia laureato
in beni culturali, o in scienze
della comunicazione o in sociologia
o in checchessià. Per loro sono tutti
uguali, tutti con una laurea “politico-sociale”.

Infine di fondamentale importanza
per il datore di lavoro risulta
essere la conoscenza della lingua inglese,
più per darsi un tono
che per effettiva necessarietà.

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In principio fu la licenza media,
successivamente venne la maturità,
poi ci chiesero la laurea,
ora il master,
meglio ancora se accompagnato
da titoli riconosciuti di inglese e informatica.

Facendo un rapido calcolo,
e ipotizzando nessun intoppo e risultati elevati,
a 19 anni usciamo dalla scuola,
+ 5 anni di università (se va tutto bene eh…) =
24 + 1 anno di master = 25.
Se trovo subito qualcosa, 25 anni è un’età accettabile
per l’inserimento nel mondo del lavoro.

Ma visto che questa è la realtà e non Walt Disney,
e visto che raramente qualcuno finisce
gli studi entro i 25 anni, e che raramente
qualcuno trova subito occupazione,

la domanda che sorge spontanea è:
se i 30enni non vengono assunti in quanto “vecchi”
e se io passo tutta la gioventù a studiare,
quando cazzo inizierò a lavorare?

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La lingua inglese rende benissimo
le tappe di un rapporto uomo-donna:

Friend – Best friend – Boyfriend

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Breve test d’inglese per vedere
se avete bisogno di ripetizioni
durante l’estate oppure potete
andare in vacanza e tentare
di abbordare le turiste straniere.

1. boo_s

2. _ _ndom

3. p_n_s

4. f_ _ k

5. pu_s_

6. s_x

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