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Posts Tagged ‘morte’

Risultati immagini per cane angelo

Si è fatto un gran parlare
del servizio delle Iene
sul cane “Angelo”,
ucciso da un gruppo
di giovani di Sangineto.

Non è mai bello togliere la vita
a un essere vivente,
così come non è bello
eccedere nei moralismi.

La vita di un animale
vale meno della vita
di un essere umano,
è un dato di fatto:
uccidere gli animali è consentito dalla legge,
uccidere gli uomini no.

Se ci indigniamo per “Angelo”,
dovremmo indignarci
anche per tutte quelle bestie
che troviamo rivendute
a pezzi nei supermercati
oppure non dovremmo ammazzare
quella mosca/zanzara che in estate
ci rompe i coglioni.

Sia il cane di Sangineto
che gli animali dei supermercati
sono stati uccisi per un fine:
il primo per divertimento,
i secondi per business.

Chi può sostenere che uno
sia più nobile dell’altro?

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Ciò che più mi ha colpito della vicenda Tiziana Cantone
è stata l’ennesima uscita infelice di quella blatta
di Selvaggia Lucarelli,
una che ha costruito il proprio successo
alimentandosi con lo sporco altrui.

Scrive un post dove punta il dito
contro gli haters della Cantone
rei di averla indotta al suicidio.
Poi subito dopo cosa fa?
Lo stesso degli haters:
mette alla gogna mediatica
un suo follower per un commento (orrendo)
sulla Cantone.

Cara Lucarelli, paladina della legge,
se “l’amante” di Tiziana Cantone
è un verme, uno stronzo, ecc… ecc..
per aver diffuso il video
che non faceva certo onore alla donna,
tu che hai dato in pasto alla rabbia
di oltre 1 milione di persone
un povero Cristo per un’uscita infelice,
cosa saresti?

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https://i0.wp.com/curiosidades.batanga.com/sites/curiosidades.batanga.com/files/Como-se-hace-una-autopsia.jpg

La scienza e la tecnologia
hanno fatto passi talmente da gigante
che qualsiasi caso di cronaca
sembra non avere segreti.

Qualcuno è indagato per un crimine?
Si va a spulciare nel suo pc
per smontargli l’alibi e risalire
ad ogni singolo cyber-movimento.
Qualche altro è morto in cause misteriose?
Gli si pratica l’autopsia
e subito si risale al motivo.

Un mio pensiero (paura) ricorrente,
in questa totale mancanza di privacy
è che prendi una di quelle sere apatiche,
in cui per perdere del tempo e scacciare
via la noia scegli di spararti una sega,
durante l’atto, ci vai giù troppo pesante
e di lì a breve crepi di infarto:
ma ti devi pure far ridere addosso
quando ti aprono per autopsia?

E metti che sempre quella sera
eri alla ricerca di “emozioni forti”
e optasti per un sito di transessuali (!!!),
ma porca paletta,
oltre a morire da fesso
devi anche subire
la beffa di rimediare
una figura di merda allucinante.

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L’Aldilà

La religione di cavolate
ne racconta tante per portarti
dalla sua parte,
sono storie fantasiose
che ti forniscono una visione
addolcita o addirittura
opposta della realtà.

Prendete la morte.

Sarebbe stato brutto
raccontare le cose per come stanno,
ovvero che quando muori
finisce tutto e verrai sepolto
nell’attesa di decomporti.

Per la religione
non finisci sotto terra
ma in cielo,
addirittura ti innalzi
rispetto alla tua condizione da vivente,
sempre però, se conduci una vita giusta,
altrimenti ti aspetta l’inferno,
che si trova ancora più giù della terra.

La morte non fa terminare tutto,
così come effettivamente accade,
ma fa iniziare tutto,
ti conferisce la vita eterna
in un posto abitato da altre anime,
da angioletti e santi di vario genere.

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Morire Giovani

Le star che muoiono giovani
hanno la fortuna di ricevere
il dono dell’eternità.

Può sembrare un controsenso,
però cominciamo col dire
che il ricordo della
loro immagine resterà
fermo agli ultimi momenti di vita,
non cambierà con l’avanzare degli anni,
il re da idolatrare non si dimostrerà nudo
di fronte alla vecchiaia
come i comuni mortali,
nessuna ruga sul suo volto,
nessuna pancetta,
verrà ricordato per sempre
nel fiore degli anni.

Se poi aggiungiamo
che per essere considerato
“star” deve trovarsi
all’apice del successo,
non avrà conosciuto
nessun flop,
nessun declino
come normalmente avviene
nel ciclo di vita
di un qualsiasi prodotto.

Infine, salutare la compagnia
nel periodo di massimo splendore
lascia alla platea l’amaro in bocca,
il desiderio di avere ancora bisogno
di qualcosa che purtroppo
non si potrà più avere.

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Le persone che fanno
le fighe esibendo
tatuaggi o gadget
a forma di teschi
mica le capisco.

Il teschio simboleggia la morte,
e loro cosa vorrebbero dimostrare?
Che gli piace la morte?

Allora non dovrebbero
piangere quando
gli muore un parente stretto.

Com’è?
Lì immaginare il teschio
del proprio defunto
non risulta eccitante?

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Ho lasciato passare
un po’ di tempo prima
di pubblicare la mia opinione
sulle morti nello sport,
mai avrei voluto
correre anche io il rischio
di lucrare sulle spalle
di una povera persona
nei giorni successivi
a quella tragedia avvenuta
su un campo da gioco italiano.

Non menzionerò il nome
del giocatore del Livorno,
che ormai tutti conoscete,
proprio per evitare
l’indicizzazione da parte
dei motori di ricerca.

Dopo i casi di Muamba,
Bovolenta e, per certi versi, Abidal,
i mass media come al solito
hanno alzato un polverone
incredibile pur di riempire
ore ed ore di trasmissione
e intere pagine di giornale.

Improvvisamente si poteva
morire ovunque ma non
su un campo da gioco,
era vietato per legge,
un atleta non poteva morire
perchè così era stato stabilito
dai giornalisti.

Il paradosso è che
hanno fatto diventare
straordinaria e addirittura contagiosa
una cosa che invece è normalissima:
spuntavano morti di atleti
ogni giorno proprio come
se fossero funghi,
appena un giocatore
si accasciava a terra
scattava l’allarme,
e il defibrillatore è diventato
la soluzione a tutti mali.
Crampo? Defibrillatore.
Stiramento? Defibrillatore.
Disidratazione? Defibrillatore.

Che poi, ironia della sorte,
dopo averci riempito le palle
per settimane, si è visto
che il defibrillatore
per il giocatore
del Livorno serviva
proprio a nulla.

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Ha molta più importanza
la rappresentazione
che si da del dolore,
del dolore stesso.

La mamma che rimprovera
i figli perchè hanno
la tv troppo alta
dopo che da poco
le è morta la sua di madre,

lo fa non per far
rispettare il proprio dolore,
ma perchè altrimenti le gente
sentendo che in quella casa
c’è “vita” penserebbe male.

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Se non dicessi la mia
per rifugiarmi in un più
comodo e omertoso silenzio
non sarei io.

In questi giorni si è
celebrato e santificato
Lucio Dalla, tanto, troppo,
decisamente più del dovuto.

“Grande cantante, poeta contemporaneo,
immensa perdita, ecc… ecc…”.

Scusate, forse sono io
fuori dal mondo o forse
sono troppo giovane e
quindi aperto a smentite,
ma uno che ha fatto 3 canzoni
di grande successo
(Caruso, 4 Marzo 1943, L’anno che verrà)
e altre 5 di fama minore
(attenti al lupo, piazza grande, canzone,
com’è profondo il mare, tu non mi basti mai,
balla balla ballerino)
può mai essere così incensato?

Oltretutto quando l’ultimo
suo pezzo conosciuto risale
a 30 anni fa! Non scherzo!
Sebbene il buon vecchio Lucio
abbia continuato a cantare
e a sfornare album fino alla fine,
sono 30 anni che costui
non si vede e non si sente.
Su, forza, sfido chiunque
a ricordare una hit di Dalla
già solo degli ultimi 10 anni,
non esiste!

Se per un Dalla qualsiasi
siamo riusciti a fare
tutto questo chiasso,
quando un domani morirà
un Celentano, una Mina o un Renato Zero
cosa dovremmo fare allora?
Indire il lutto nazionale?

Argomento omosessualità:
Anche qui mi sembra
di vivere in un’altra dimensione,
tutti cadono (volutamente?) dal pero.
Lo si sa da una vita
che era gay, smettetela
di prenderci per i fondelli,
quello che invece non sapeva
il grande pubblico è
che il Signor Dalla (anni 69)
stesse con un tale Marco Alemanno (anni 31)
da oltre 8 anni.
Facendoci due conti,
all’epoca il 60enne Dalla,
per saziare la sua lussuria,
adescò un ragazzo di 24 anni,
e per circuirlo, oltre
a far leva sulla fama,
di sicuro gli mollava
anche il centone.

Non so a voi, ma a me
immaginare tutto ciò
fa letteralmente schifo.

Dunque, per uno basso, peloso,
col parrucchino,
di cui non ho nemmeno
una canzone sul pc
e che andava a letto coi ragazzini
non mi va di versare
nemmeno una lacrima, anzi.

Lo so, risulterò impopolare,
macchissenè.

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Su facebook “el toro Ratòn”
ha oltre 10mila fans.

A oltre 10mila “cervelli”
piace, ed osannano,
un toro che ha ucciso
brutalmente ben 3
esseri umani in 10 anni.

È come se ci fossero
10mila persone che mettessero
“mi piace” alla fanpage
di Donato Bilancia:
killer è uno, killer è l’altro.

Se per guadagnarsi
pagine sui giornali
e avere 10mila fans su FB
basta uccidere 3 persone,
allora Bilancia,
che di vittime ne ha fatte
addirittura 17,
di fans dovrebbe averne
però minimo 60mila.
I conti tornano no?

Qui mi sembra
che abbiamo battuto
tutti la testa,
si sta andando
davvero troppo oltre.

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L’amore può far
fare cose incredibili.

Riesco a fatica a trattenere le lacrime
quando vedo, o mi raccontano,
di persone anche poco istruite che,
in punto di morte,
con l’ultimo filo di voce,
raccomandano a chi gli sta accanto,
di badare al coniuge o ai suoi figli.

Se uno si sofferma
a rifletterci bene,
questo ha dello straordinario.

Cioè starai sicuramente provando
un dolore fisico della Madonna,
e te lo sentirai che stavolta
stai rischiando seriamente di morire,
perchè certe cose le senti…
ma te ne frega niente,
prima di trapassare
la tua unica preoccupazione
non è per te stesso,
così come dovrebbe essere,
ma è per le persone a te care.

“Non le posso
più guidare io,
fatelo voi per me,
ne hanno bisogno”.

In quel momento
dimostri che,
fino ad allora
hai vissuto per loro,
e quello che più conta per te
non è la tua condizione di salute,
quella ti serviva solo per
badare ai tuoi cari,
e ora che non ti sarà consentito
farlo più, l’unica cosa
che potrebbe rassenerarti
è la certezza di lasciare le
persone amate in buone mani.

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La Pensione

Uno dei traguardi apparentemente
più felici nella vita
di un essere umano è
il raggiungimento della pensione,
solo in un secondo momento
ci si accorge poi che quello
sarà soltanto l’inizio della fine.

Significherà che sei vecchio (o malato),
ormai inutile per il resto della società,
anzi, di essa ne diventerai un peso
e non si vedrà l’ora che tu muoia
per risparmiare ogni mese su
quegli spicci che ti sei meritato,
per anni, col sudore della fronte.

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Voglio accennarvi una storia d’amore
che da sempre mi ha emozionato
per la sua drammatica romanticità.

Era il Marzo del 2002 quando Alex Baroni
resta vittima di un incidente motociclistico,
le sue condizioni appaiono da subito disperate.

In quell’anno a lavorare nel reparto
in cui fu ricoverato Alex avevo un’amica
che mi rivelò che non cel’avrebbe
mai potuta fare e raccontò anche del viavai
di artisti dello spettacolo che in quei giorni
si susseguirono nell’andarlo a trovare,
una su tutti non mancava a una visita: Giorgia.

Fidanzata con Baroni fino all’anno prima
e ancora legatagli da profonda amicizia.
La figura di Giorgia è perniante
in questa storia, protagonista inconsapevole
di una canzone bellissima,
di quelle che escono poche volte
nella vita di un cantautore,
non smetteresti mai di ascoltarla
perchè si capisce che è stata scritta col cuore.

“La Distanza di un amore” è il regalo
postumo che Giorgia vede ricevere da Alex
e che giustamente la lascia sprofondare
ancora più nella disperazione.

Ora immaginatevi di venire a sapere che il vostro ex,
per cui nutrite ancora un forte sentimento,
ha sofferto per voi e in cuor suo
sperava di ricucire quel rapporto,
ma lo venite a sapere quando ormai
non si può più replicare, recuperare,
bisogna solo accettare e dimenticare:
la sola idea è straziante.

Ciò che fa Giorgia è organizzare
un concerto in suo onore e
dedicargli il suo primo album di “best of”
al cui interno, tra gli inediti,
troviamo “Marzo”, brano scritto
pensando ad Alex e, cosa molto nobile,
questo canzone, pur se ha un video,
non uscirà mai come singolo
(a testimonianza che Giorgia
sulla memoria del suo ex compagno
non voglia lucrarci sopra).

Vi lascio con un verso di “Marzo” che racchiude
in poche righe tutta questa triste storia:

“La cose non vanno mai come credi
il cuore è pieno di lacrime rotte
il tempo è ladro di cose mai dette
e so che indietro mai più si ritorna.”

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Uno dei cattivi costumi della tv italiana
è la spettacolarizzazione del dolore,
l’andare vicino al parente della vittima
per chiedergli “cosa sta provando in questo momento?”,
oppure “cosa si sente di dire all’assassino?”.

I media danno però il meglio di loro quando
devono trattare i caduti in guerra.
Lì la prima cosa che si fa è scavare
nelle vite dei poveri soldati per cercare
gli argomenti più pietosi:

“lascia moglie e 3 figlie”,
“doveva tornare tra una settimana”
“era appena partito”,
“aveva solo 23 anni”,
“stava mettendo da parte i soldi per il mutuo”,
“era stimato e amato da tutti”.

Il che non fa altro che suscitare
compassione e interesse nello spettatore,
con conseguente boom di share per i vari
D’urso, Vespa, matrix e la vita in diretta
che sciacalleranno sopra per settimane.

Il passo successivo è poi il “martirio” del caduto.
Lasciano credere che i poveretti
c’hanno fatto un piacere ad andare lì,
come se fossimo quasi noi i colpevoli dell’accaduto.
Sapete com’è, sono militari,
vanno nel bel mezzo di una guerra civile,
dove ci sono sparatorie e scoppiano bombe ogni giorno,
prendendo fior fior di quattrini
proprio per l’alto rischio a cui vanno incontro.

Stranamente, però, quando
muoiono nessuno se lo aspetta,
cadono tutti dalle nuvole,
“ma come, non erano andati in villeggiatura in Afghanistan? Come è potuto accadere?”

Sono morti facendo il loro dovere:
nessun santo, nessun martire, e soprattutto nessuna sorpresa.
Quello che deve fare davvero rabbia
è sentire gente che nel 2010 ancora muore
in cantieri/fabbriche/industrie,
quello si che ci dovrebbe sorprendere.

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1) A cosa stai pensando?
2) Mi ami?
3) Ti sembro grassa?
4) Pensi che lei sia più bella di me?
5) Che cosa faresti se io morissi?

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L’uomo, da essere imperfetto qual’è,
è soggetto a cadere spesso
in sbagli ed errori.

Quando un errore si consuma
nel contesto lavorativo,
l’uomo viene sanzionato
con una pacca sulla spalla,
un rimprovero o, mal che vada,
con una salata multa.

Non ho mai capito perchè
questo iter non viene
applicato anche ai medici che,
involontoriamente, causano
la morte di una persona.

Per lo Stato diventare Medici
equivale a essere infallibili,
non sono consentite distrazioni mortali
altrimenti la pena che spetterebbe
a qualunque altro uomo “errante”
la si sconta in carcere.

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