Professo’, quella ragazza che avete visitata,
la vedete? Nunn’è niente.
So’ quattro ossa messe insieme
che una persona sbadata può fare così con le mani,
e dice: «Questa è roba inutile, non serve».
E senza pensarci sopra le butta in un angolo,
in mezzo ai rifiuti e non ci pensa più.
Veste alla moda? Nossignore.
Porta le calze di seta? Non le porta.
Va dal parrucchiere? Non ci va.
Eppure, quelle quattro ossa messe insieme
proprio come sono state messe,
in quella posizione, cu’ chille duie uocchie,
cu’ chella pelle, ‘e chillo stesso culore…
sta cosa ‘e niente, ‘a vedite?
È ‘a femmena mia.
E a me, guardate a me.
Tengo ‘e scarpe rotte.
E guardate ‘o vestito…
E volete vedere la camicia?
E pur’io che rappresento?
Quattro ossa schifose che chiunque
farebbe col piede così…
per farle finire nell’immondizia.
Ma per lei queste quattro ossa schifose
sapete che rappresentano?
L’ommo suio.
Da “Il sindaco del rione Sanità”,
appena ho letto questo monologo
ho provato una forte emozione,
non ho potuto fare a meno
di rileggerlo, poi l’ho riletto ancora
ma l’emozione non svaniva.
In queste poche e semplici
parole di un popolano
ci trovi tutto:
estrema dignità per ciò che si è e si ha,
orgoglio, fierezza,
senso di protezione, amore
per una donna che per gli altri non è niente,
ma che per lui è tutto.
E’ la sua donna.