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Si innescano
strani meccanismi
quando usciamo
con le ossa rotte
da una una storia importante,
o siamo nel bel mezzo
di una sua crisi.
Inevitabilmente
ci metteremo alla ricerca
di un “amore sostitutivo” e,
non di rado, abbiamo
la fortuna di trovare
addirittura chi è disposto
a darci molto più di ciò
che in precedenza eravamo
abituati a ricevere:
attenzioni, premure,
galanterie e carezze
ormai dimenticate.
La testa ci suggerisce
di buttarci a peso morto
tra le sue braccia,
sarebbe razionalmente giusto,
questo noi lo sappiamo,
ma a mischiare le carte
e a fregarci ci pensa
come al solito il cuore.
Quella persona potrà essere
la più dolce, sensibile e
speciale di questo mondo,
le sue carezze
lasciano trasparire
un affetto commovente,
ma non sono le carezze che vogliamo,
non sono le carezze
della persona per cui
stiamo ancora soffrendo.
Ed è una sensazione
orrenda non provare alcun
trasporto per una persona
che invece verso di te
del trasporto ne ha,
inevitabilmente i sensi
di colpa aumentano e con essi
la convinzione di non voler
illudere o ferire nessuno
a causa del nostro stato confusionale.
Il paradosso è che, magari,
col “nuovo che avanza”
ci usciamo volontariamente,
perchè è in dubbio che
faccia piacere sentirsi
al centro delle sue attenzioni,
ma quando poi si fa avanti
cercando qualcosina in più,
anche un semplice tocco,
a noi imbarazza, anzi,
da quasi fastidio
sentirci addosso le sue mani,
le percepiamo come
quelle di un estraneo.
La chiamano “chimica”,
o cel’ha o non cel’hai,
non si acquisisce col tempo,
e non è consentito forzarla.
Chissà, magari sarebbe scattata
in altre circostanze,
forse viste le nostre recenti
delusioni è ancora troppo presto,
o forse il nostro sesto senso
ha già provveduto ad avvertirci
che quella non sarà la persona
capace di lenirci le ferite
e restituirci la gioia
di una nuova avventura.
Dove sta la verità
possiamo stabilirlo solo noi,
e non è possibile farlo
se prima non mettiamo ordine
dentro noi stessi,
capire davvero se ciò
che vogliamo l’abbiamo lasciato
alle spalle e c’è modo
di recuperarlo,
o se il nostro è soltanto
un momento di smarrimento
che è destinato a passare
frattanto che non riusciremo,
con fatica, a riabituarci
a nuove mani e a nuove emozioni.
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