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Posts Tagged ‘sport’

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Nelle competizioni agonistiche
la differenza la fanno le strutture.

Un paese come la Cina,
caratterizzato da una popolazione sconfinata,
è impossibile, per la legge dei grandi numeri,
che non sforni almeno un atleta
competitivo in ogni disciplina.

Sono fortissimi in quelle d’acqua, nella ginnastica
e nel ping-pong ma scarsissimi in quasi tutte le altre.

Così come non c’è da meravigliarsi se gli italiani
sono forti nel calcio (‘na volta…)
e totalmente inadeguati nel tennis.
Quanti campetti di calcio potete contare
nella vostra città? E di tennis?

La mancanza di strutture è figlia
della cultura e della tradizione di una nazione,
queste possono rivelarsi determinanti
per la vittoria anche in presenza
di una componente che dovrebbe
far saltare il banco:
la genetica.

La superiorità fisica dei neri sui bianchi
é cosa risaputa, i neri potrebbero sovrastare
i bianchi in qualsiasi sport atletico,
eppure, per mancanza di strutture,
scelgono di concentrarsi esclusivamente
su quelli riguardanti la corsa
tralasciando tutti gli altri che
li potrebbero vedere al vertice.

A memoria d’uomo,
ricordate che sia mai esistito
un forte nuotatore nero?

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Ho lasciato passare
un po’ di tempo prima
di pubblicare la mia opinione
sulle morti nello sport,
mai avrei voluto
correre anche io il rischio
di lucrare sulle spalle
di una povera persona
nei giorni successivi
a quella tragedia avvenuta
su un campo da gioco italiano.

Non menzionerò il nome
del giocatore del Livorno,
che ormai tutti conoscete,
proprio per evitare
l’indicizzazione da parte
dei motori di ricerca.

Dopo i casi di Muamba,
Bovolenta e, per certi versi, Abidal,
i mass media come al solito
hanno alzato un polverone
incredibile pur di riempire
ore ed ore di trasmissione
e intere pagine di giornale.

Improvvisamente si poteva
morire ovunque ma non
su un campo da gioco,
era vietato per legge,
un atleta non poteva morire
perchè così era stato stabilito
dai giornalisti.

Il paradosso è che
hanno fatto diventare
straordinaria e addirittura contagiosa
una cosa che invece è normalissima:
spuntavano morti di atleti
ogni giorno proprio come
se fossero funghi,
appena un giocatore
si accasciava a terra
scattava l’allarme,
e il defibrillatore è diventato
la soluzione a tutti mali.
Crampo? Defibrillatore.
Stiramento? Defibrillatore.
Disidratazione? Defibrillatore.

Che poi, ironia della sorte,
dopo averci riempito le palle
per settimane, si è visto
che il defibrillatore
per il giocatore
del Livorno serviva
proprio a nulla.

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E’ da circa un paio d’anni che,
grazie a una giocatrice che adoro,
mi sono avvicinato
alla pallavolo femminile.

Cominciamo a dire che
è tutt’altra storia rispetto
a quella maschile,
è molto più amatoriale, molto più giocata,
poca “violenza” (tiri forti)
e tanta tecnica ed errori.

L’atmosfera che si respira
nel volley è diversa da quella
a cui siamo abituati
noi italiani calciofili,
i soldi che girano sono pochi
e ne consegue che le giocatrici
non si atteggiano a dive,
ma siano sempre pronte
ad accorciare le distanze
tra loro e i fans.

Ad attestare ciò,
quasi ognuna di loro
ha un profilo pubblico su facebook
(non una fanpage, questo è importante)
dove invita i suoi tifosi ad aggiungerla,
oppure, altro gesto che mi ha colpito molto,
è quello che avviene nell’immediato
post-gara: gli spettatori
scendono dalle gradinate
e vanno a farsi una foto
con la loro beniamina
o a chiedergli un autografo
o semplicemente a scambiarci due chiacchiere.

Il volley è una filosofia di vita,
lo si avverte che chi lo pratica
ha ben pochi interessi
ed è mosso solo da un
profondo amore verso questo sport;
il “terzo tempo” che
conclude gli incontri,
piuttosto che l’abbraccio
che ogni giocatrice riceve
dalle compagne dopo un suo errore
dà proprio l’idea del senso
di unione e di buoni valori
trasmessi dalla pallavolo.

Una menzione particolare
va fatta a quella che
dell’attuale volley nazionale
ne è l’emblema: Eleonora “Leo” Lo Bianco.

Non mi è mai capitato
di vedere una simile (e bulgara)
venerazione per un’atleta.
Lei mette tutti d’accordo,
senza distinzioni di bandiere,
sarà forse perchè è stata per 7 anni
nel club più titolato e patinato
del Volley rosa italiano (Bergamo),
sarà che ha superato le 500 presenze in nazionale,
diventando l’italiana con più presenze
in qualsiasi squadra nazionale italiana,
sia maschile che femminile,
sarà che nel 2011 ha vinto un tumore al seno;
non so, sta di fatto che gli amanti
della pallavolo la vedono come
la Madonna in terra e, a qualsiasi asta
di beneficenza, fanno a gara
per assicurarsi un oggetto della “Leo”
(ho visto magliette e pantaloncini
essere battuti ad oltre 1000€,
quando per una pallavolista
della nazionale lo stesso
indumento viene aggiudicato a 2/300€).

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Sport Italia è un’emittente furbissima.

Tratta argomenti sportivi,
quindi rivolti a un pubblico prettamente maschile,
di conseguenza le sue giornaliste,
Ballarini a parte (che è comunque un bel tipino),
sono tutte delle strafighe esagerate,
stravaccate mezze nude sopra a un divano
anche il 15 di dicembre (riscaldamenti a manetta),
che vengono inquadrate, attenzione, dal basso
per valorizzarne la fisicità, ma soprattutto le gambe,
mai un primo piano o un mezzo busto.

Ah, Valentina Ballarini sul divano non l’ho mai vista…

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