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Nella vita di un vip
arriva un momento che ne decreta
la caduta dall’Olimpo:
lo spot autolesionista.

Non mi spiego come sia
possibile che un responsabile immagine
possa consentire
certi autogol clamorosi,
consigliando al suo assistito
di fare da testimonial a prodotti
poco lusinghieri.

Prendete Cristiano Ronaldo, CR7,
pare scolpito da Michelangelo,
un fisico da culturista sotto
un viso da attore hollywoodiano,
pieno di soldi, di figa,
oltretutto a calcio è il più forte,
non ha un cazzo di difetto,
tanto che inizi a pensare
che non scorreggia, ma caccia aerosol dal culo.

Come fai a rovinare l’immagine a uno così?
Semplice, facendogli fare la pubblicità
di uno shampoo antiforfora.

Ronaldo, quello che viene immortalato
sui tabelloni 6×3 di Armani
con un pacco enorme in bella mostra,
quello che quando suda non emana tossine,
ma Acqua di Giò,
Ronaldo, quello che adesso tutto
il mondo saprà che appena
scuote la testa fa venire subito Natale.

Per le donne invece la morte mediatica
arriva con una pubblicità comune a molte di loro:
quella della tintura per capelli.

Lo voglio capire per Sabrina Ferilli,
50 anni, te lo immagini che abbia i capelli bianchi;
ma Elisabetta Canalis, che di anni ne ha 36,
anche lei con un seguito sconfinato
di adolescenti che presidiano il suo profilo
Instagram con una sola mano,
che motivo ha al mondo di comunicare
che s’è fatta vecchia e si deve tingere?
Non ha senso sputtanarsi così.

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Sono rimasto molto stupito
quando di recente mi sono
imbattuto in uno spot tv
con Luis Figo
che pubblicizzava una tintura
per capelli della “Just for men”.
Essa promette di colorare
solo i capelli bianchi
in soli 5 minuti
con una semplice applicazione,
autonoma, sotto la doccia.

Il pensiero è andato subito
alle donne e mi sono detto:
“se ciò che il prodotto promette
è vero, come è vero,
questa della tinta è una delle tante
cose che si potrebbero fare
con minor tempo e costo”.

Un po’ quello che accade
con le certificazioni
negli enti pubblici,
per ottenerle/consegnarle
devi sostenere un interminabile
giro di uffici e perderti nella burocrazia
quando poi basterebbe che lo stesso
ufficio facesse tutto
(cosa fattibilissima se non venisse
pregiudicata l’esistenza
degli altri uffici…)

La tintura per le donne
si potrebbe fare in 5 minuti,
in maniera autonoma,
così come avviene per gli uomini?

Sì.

Però i parrucchieri farebbero la fame
così come le aziende che producono
tutta quella robaccia di contorno
(ossigeno, ecc…).

C’è però da aggiungere
che la donna ha bisogno di sentirsi
importante e coccolata,
probabilmente se esistesse
anche per lei una tintura “fai da te”
di 5 minuti non avrebbe successo.

Quei 30-45 minuti mensili
di svago e cura di sé dal parrucchiere
assumono quasi una valenza sacrale
a cui poche donne sarebbero
disposte a rinunciare.

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Lo spettatore viene indotto
dall’attraente presentazione,
oltre che da chi la svolge,
a comprare l’oggetto raffigurato sullo schermo
in quella che sempre più rassomiglia
a una caccia ai beni materiali
orchestrata dalla pubblicità,
dove anche il tempo e lo spazio
sono controllati dal capitalismo
e tramutati in merci:

il tempo diventa denaro
lo spazio proprietà.

Il desiderio di emulare i testimonial
degli spot televisivi ha immancabilmente
dato luogo a una società di consumo controllato
dove tutti ambiscono a consumare
e dove l’uomo non si libera più attraverso
il lavoro ma attraverso il consumo,
ben si delinea, quindi,
una figura umana ridotta a semplice consumatrice.

Tuttavia quel che oggi conta non è tanto
il testimonial di “grido”
ma lo slogan da far entrare facilmente
nella testa dei telespettatori
(No Martini No Party, Red Bull ti mette le ali).

Si potrebbe immaginare che il telespettatore,
avendo acquisito una maggiore malizia televisiva,
senta meno impellente la necessità
di aver un attore stimato che si faccia garante
di quel determinato prodotto ma gli sia sufficiente,
se condivisa, la filosofia del messaggio pubblicitario.

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Ultimamente ci sono due pubblicità
che mi lasciano perplesso non poco.

La prima è quella della Pocket Coffe,
con Irene Grandi intenta a cantare un suo pezzo,
non riuscendoci, a un tratto sbotta:
“Sapete di cosa avrei bisogno io prima del concerto…”
Chiusa in un pulmino…distesa per terra….
e circondata da tre maschioni affamati…
di cosa mai avrà bisogno Irene
si domanda imbarazzato lo spettatore?

Tra l’altro a far raggiungere allo spot
il suo picco di fraintendibilità
ci pensa stesso uno di questi maschioni
che ammiccando le risponde:
“Irene ci vorrebbe…”
e poi con le mani simula qualcosa
di mooolto simile a un pompino…

L’altra pubblicità riguarda invece  
una sorridentissima Sabrina Ferilli
che stravaccata su un divano esclama convinta:

“Beato chi ‘so fa il sofà”.

Lasciando LEGITTIMAMENTE pensare allo spettatore:
“ma beato chi se fa a te sul sofà…”.

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